Depositata la perizia nel procedimento sull'assassinio compiuto nel milanese il 27 maggio 2023. Era capace di intendere e volere quando uccise, rischia l'ergastolo
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Era pienamente capace di intendere e di volere Alessandro Impagnatiello quando, il 27 maggio 2023, uccise con 37 coltellate la fidanzata incinta di sette mesi Giulia Tramontano, 29 anni, nella loro casa a Senago, nel Milanese, e il cui corpo venne trovato quattro giorni dopo in un'intercapedine vicino ad un box. Lo hanno stabilito lo psichiatra forense Pietro Ciliberti e il medico legale Gabriele Rocca nella perizia disposta e depositata nel processo a carico del 31enne ex barman. La difesa sosteneva che era affetto da un disturbo della personalità di tipo "paranoide".
Impagnatiello, accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dalla crudeltà, dai futili motivi e dall'aver ucciso la convivente, di interruzione di gravidanza non consensuale e di occultamento di cadavere, rischia la condanna all'ergastolo, dopo che ora è stato anche accertato che non ha vizi di mente. «Ho voluto credere di essere pazzo, ma non penso di esserlo», aveva detto nell'interrogatorio in aula il 31enne davanti ai giudici della Corte d'Assise di Milano (togati Bertoja-Fioretta), che hanno disposto la perizia nell'udienza del 10 giugno e che sarà discussa in aula il 21 ottobre.
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«Ero un vaso completamente saturo di bugie e di menzogne», aveva aggiunto, difeso dalle legali Giulia Geradini e Samanta Barbaglia, l'ex barman di un hotel di lusso a Milano, che conduceva una vita parallela, portando avanti una relazione anche con un'altra giovane, la quale il giorno in cui Giulia fu uccisa si era incontrata, qualche ora prima, con la 29enne, come emerso dall'inchiesta dell'aggiunta Letizia Mannella e della pm Alessia Menegazzo, condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo di Milano. Pm che, con la consulente psichiatra forense Ilaria Rossetti, hanno sempre sostenuto la piena capacità di intendere e volere dell'imputato, così come i familiari di Giulia, con l'avvocato Giovanni Cacciapuoti, che ha nominato gli psichiatri Salvatore De Feo e Diana Galletta.
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Lo psichiatra Raniero Rossetti, invece, che aveva firmato la consulenza difensiva, aveva sottolineato come l'ex barman si sentisse come uno «scacchista che doveva tenere sotto controllo tutti i movimenti della scacchiera», attraverso le bugie e gli inganni alle due donne. «Lui mirava a sopprimere il feto, che rappresentava una variabile nella sua scacchiera. Ciò che non riusciva a controllare era proprio il nascituro», aveva scritto il consulente dei difensori. La requisitoria dei pm nel processo milanese si terrà in un'udienza a novembre, dopo la discussione della perizia il 21 ottobre.
I periti: «Impagnatiello narcisista, lucido e rabbioso»
Alessandro Impagnatiello ha «tratti di personalità narcisistici e psicopatici», ma non psicopatologici, ha ricostruito la dinamica dell'omicidio della fidanzata Giulia Tramontano con «piena lucidità, senza confusione» e, secondo la sua logica, non poteva «accettare lo "smascheramento"» della sua doppia vita e ha manifestato «una dimensione "rabbiosa"». Lo scrivono i periti nella relazione depositata alla Corte d'Assise di Milano, che evidenziano anche come nella sua «storia sociale e professionale» non c'erano problemi di «natura psichica».
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Impagnatiello: «Ho ucciso perché ho visto tutto finito»
«Tentai poi di cancellare tutto, come se far sparire una persona fosse come buttare una caramella. Cercavo di eliminare ogni traccia di Giulia, cercai di eliminare Giulia dando fuoco (...) Ora è tutto chiaro, tutto insensato quella che avevo intenzione di fare. Non era come buttare una caramella, non si può (...) polverizzare un corpo». Lo ha detto in uno dei colloqui con gli esperti nominati dalla Corte d'Assise, Alessandro Impagnatiello, imputato per l'omicidio di Giulia Tramontano, uccisa al settimo mese di gravidanza. Il 31enne, riporta la perizia, alla domanda sul perché ha ucciso ha risposto: «perché ho visto tutto finito».