La difesa punta a evitare l'accusa di premeditazione: «Non era uscito con l'obiettivo di ammazzare qualcuno. Perizia psichiatrica? Valuteremo»
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«Non c'è un motivo» se ho ucciso Sharon Verzeni. Moussa Sangare, reo confesso per l'omicidio di Sharon Verzeni compiuto nella notte tra il 29 e il 30 luglio, ha risposto così oggi nelle due ore di interrogatorio nel carcere di Brescia davanti alla gip Raffaella Mascarino.
Sangare ha quindi confermato l'omicidio di Sharon, assassinata con quattro coltellate a Terno d'Isola la notte tra il 29 e il 30 luglio. A riferirlo ai cronisti fuori dal carcere è stato il legale del 30enne, Giacomo Maj. Sangare non ha detto «niente di nuovo, un motivo non c'è», ha ribadito l'avvocato.
Tuttavia Maj ha voluto sottolineare che la notte del delitto il suo assistito «non era uscito con l'obiettivo di uccidere qualcuno». Sangare «era uscito con questo - come lo chiama lui - 'feeling', queste sensazioni che neanche lui sa spiegarsi, che lo costringevano a pensare a qualcosa di male, a far del male, ma imprecisamente, non che cosa fare e a chi».
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La linea difensiva dunque punta a evitare l'accusa di premeditazione del delitto che grava su Sangare, accusato di omicidio aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi. Quanto all'infermità mentale e a una eventuale richiesta di perizia psichiatrica, «è un aspetto che va approfondito - ha detto l'avvocato Maj -, vedremo. È da considerare. Io non sono un medico, posso solo dire da uomo senza competenze tecniche che secondo me ha dei problemi, a mio modo di vedere».
Sangare che da venerdì si trova in una cella singola nel carcere di Bergamo «è tuttora frastornato», ha quindi riferito il suo legale. Il 30enne nel mese trascorso tra l'omicidio della donna e il fermo, «non ha mai pensato» di tentare la fuga. I coltelli, gli abiti e le scarpe li ha nascosti nell'Adda «nei giorni successivi» all'omicidio, «probabilmente quando ha realizzato» quanto aveva fatto, ha spiegato evidenziando che Sangare «sul punto è stato collaborativo, aveva già spiegato agli inquirenti e si era messo a disposizione per il rinvenimento».
Sono state le indicazioni del reo confesso, infatti, a portare venerdì scorso i carabinieri a Medolago, nel punto in cui sono stati ritrovati un coltello sotterrato sull'argine dell'Adda e un sacchetto buttato nel fiume con all'interno altre tre lame, le scarpe e gli abiti. A chi gli ha chiesto se durante l'interrogatorio di questa mattina Sangare abbia chiesto scusa per quello che ha fatto, l'avvocato Maj ha risposto: «Oggi è stato un ripercorrere quello che è stato quella notte, non era la sede quella di oggi».
Nella confessione resa nell'interrogatorio del 30 agosto Sangare avrebbe detto di essersi rivolto a Sharon prima di accoltellarla dicendole «scusa per quello che sta per succedere». E avrebbe anche riferito le parole di Sharon: "Perché, perché, perché?".
Intanto è previsto per oggi un nuovo sopralluogo dei carabinieri a Suisio, il paese della Bergamasca in cui viveva Moussa Sangare, ha detto Maj, che sarà presente al sopralluogo. Sul posto interverranno i Ris e i carabinieri degli altri reparti che compongono la task force che indaga sull'omicidio di Sharon Verzeni.