È partito oggi il processo a carico di Alessandro Impagnatiello, il 30enne accusato dell’omicidio della sua fidanzata Giulia Tramontano, uccisa il 27 maggio scorso a Senago, nel Milanese, quando era incinta di 7 mesi. I famigliari della 29enne auspicano che la «condotta sia sanzionata come merita». Lo ha spiegato il legale di parte civile Giovanni Cacciapuoti prima dell'inizio della prima udienza del processo milanese.

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Il 30enne, ex barman in un hotel di lusso, è nell'aula della Corte d'Assise di Milano. Detenuto a San Vittore, è arrivato accompagnato dagli agenti della Polizia penitenziaria. Sguardo basso, testa china, barba e baffi: indossa un giaccone scuro, jeans e scarpe da ginnastica. Si è seduto sulla panca nella gabbia dell'aula della prima Corte di Assise. In aula, stracolma di cronisti e curiosi, è arrivata la sorella di Giulia, Chiara, assieme al fratello.

Impagnatiello rischia una condanna all'ergastolo. La difesa potrebbe puntare alla perizia psichiatrica: sulla base delle indiscrezioni emerse negli ultimi giorni, nella lista dei teste ci sarebbero uno psichiatra e uno psicologo. L'avvocato della famiglia Tramontano ha nominato due psichiatri per ribattere alla possibilità che si punti su un vizio di mente.

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Coi cronisti, prima di entrare nell'aula, ha parlato anche l'avvocato ed ex pm Antonio Ingroia, che rappresenta il Comune di Senago, il quale chiede di essere parte civile. «È una scelta importante e coraggiosa quella del Comune - ha detto Ingroia - i cittadini di Senago sanno da che parte stare, si vuole incoraggiare tutti i Comuni di Italia a dimostrare che si sta dalla parte giusta». È evidente, ha aggiunto l'ex pm siciliano, la «premeditazione lucida e spietata, è un esempio di brutalità». Come per le condotte mafiose, ha proseguito, «c’è stata da parte sua la precostituzione di impunità». E infine: «Non credo che ci siano tracce o indizi su un vizio di mente, c'è stata lucidità nell'intento criminale».