Un bambino neozelandese affetto da una grave patologia cardiaca deve affrontare un intervento chirurgico salvavita ma i genitori non hanno dato il via libera a procedere perché i medici avrebbero potuto utilizzare – per eventuali trasfusioni – sangue di una persona vaccinata contro il Covid-19. Per questo il servizio sanitario nazionale si è rivolto a un tribunale e ha chiesto che a sbloccare la situazione siano dei giudici.

Il caso nasce quando il papà e la mamma del bimbo, in un'intervista a un attivista no vax, hanno affermato che il figlio è affetto da una grave stenosi della valvola polmonare, ovvero di un restringimento dell'apertura della valvola, che ostruisce il flusso ematico dal ventricolo destro all'arteria polmonare, «ma – hanno detto i genitori – ci preoccupa molto il sangue che verrà utilizzato. Non vogliamo che sia sangue contaminato dal vaccino. Ci va bene qualsiasi altra cosa questi medici vogliano fare».

I medici hanno cercato di rassicurare i genitori del bambino che però non hanno voluto sentire ragione. Il dottor Mike Shepard, direttore ad interim del servizio sanitario di Auckland, ha fatto presente che la decisione rischiava di compromettere seriamente la vita del piccolo e che i vaccini anti Covid si sono dimostrati sicuri. Però, non hanno voluto sentire ragione quindi, non è restato altro da fare che affidare il caso a dei giudici ai sensi del Care of Children Act.

Il dottor Shepard sostiene che le decisioni sulla salute del bambino non possano essere prese da genitori male informati. Il medico ha sottolineato quanto sia urgente un intervento chirurgico e che con il passare del tempo il bambino corre pericoli sempre maggiori.

L’avvocato della famiglia Sue Gray – un'altra attivista anti-vaccinazione – ha affermato: «I medici etichettano i miei assistiti come teorici del complotto. Ignorano tutto ciò che i miei clienti chiedono, cioè semplicemente che non venga impiegato sangue di una persona vaccinata».

In attesa che i giudici si esprimano Josephine Johnston, docente di bioetica all'Università di Otago, ha commentato: «I genitori hanno molta autorità decisionale sulla vita dei loro figli. C'è un'enorme zona di discrezionalità per i genitori per prendere decisioni anche su questioni mediche, ma ci sono dei limiti a ciò, e questo è uno di quei tragici casi in cui il limite ha conseguenze sulla vita e sulla morte».