Con una sentenza storica la Consulta apre al suicidio assistito. E stabilisce che non è punibile chi agevola il suicidio nei casi come quelli del Dj Fabo, rimasto cieco e tetraplegico dopo un incidente stradale e attaccato ad un sondino per sopravvivere, vittima di atroci sofferenze per la sua patologia, ma pienamente consapevole della sua volontà di considerare quelle condizioni di vita non compatibili con la sua dignità.

 

La Corte Costituzionale ribadisce però come resti «indispensabile» l'intervento del legislatore, che già aveva sollecitato inutilmente l'anno scorso sospendendo per 11 mesi la sua decisione sulla costituzionalità dell'articolo 580 del codice penale, una norma introdotta 90 anni fa e che pone sullo stesso piano aiuto e istigazione al suicidio, con la reclusione sino a 12 anni. Dopo la pronuncia della Consulta, dunque, la palla passa alla politica. «Si riparta dal Parlamento - afferma la presidente della Commissione Giustizia di Montecitorio, Francesca Businarolo - e con la nuova maggioranza politica, spero davvero che troveremo la serenità per fare una legge equilibrata, rispettosa di tutti gli orientamenti culturali e che tenda una mano a chi si trovi nella drammatica condizione di decidere della propria vita». Businarolo nel corso dell'esame della proposta di legge popolare sul fine vita, si era pronunciata perché i gruppi lascino libertà di voto ai propri parlamentari.

Le reazioni 

Tra le reazioni alla sentenza spicca quella del diretto interessato, il tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni che rischiava fino a 12 anni di carcere, Marco Cappato: «Da oggi in Italia siamo tutti più liberi anche quelli che non sono d'accordo - commenta entusiasta Cappato che accompagnò in una clinica svizzera per il suicidio assistito Fabiano Antoniani e che ora sarà certamente assolto nel processo a suo carico a Milano -. Ho aiutato Fabiano perché ho considerato un mio dovere farlo. La Corte Costituzionale ha chiarito che era anche un suo diritto costituzionale per non dover subire sofferenze atroci». Anche il pubblico ministero di quel processo, Tiziana Siciliano, che già aveva chiesto l'assoluzione per Cappato, parla di un passo molto importante. Tra chi esulta c'è Mina Welby, che ora chiede una «legge per la liberta di decidere fino alla fine». E pure Beppino Englaro, il papà di Eluana, invita il parlamento a legiferare «secondo le indicazioni della Corte».

Una sentenza che divide

La deliberazione della Consulta non piace affatto al mondo cattolico. «Con la decisione di non punire alcune situazioni di assistenza al suicidio, la Corte costituzionale italiana cede ad una visione utilitaristica della vita umana», attacca Alberto Gambino, presidente di Scienza & Vita (Cei). E preoccupa i medici. Il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo), Filippo Anelli, prevede una «forte resistenza» e pone una condizione: «Chi dovesse essere chiamato ad avviare formalmente la procedura del suicidio assistito, essendone responsabile, sia un pubblico ufficiale rappresentante dello Stato e non un medico».