Lo sguardo torvo, il sopracciglio alzato, quell'espressione che sembra dire “Sono tornato e non farò prigionieri”. Il nuovo ritratto ufficiale di Donald Trump ha il sapore di una dichiarazione di guerra. Lontano anni luce da quello del 2017, dove almeno abbozzava un sorriso (magari con lo sforzo di chi si sente dire “dica cheese” da un fotografo annoiato), questa volta Trump ha scelto di mostrarsi esattamente come vuole essere percepito: serio, determinato, pronto alla battaglia. La foto in sé è una dichiarazione di guerra. A quattro giorni dall’Inauguration Day, il suo staff ha diffuso le immagini ufficiali del presidente eletto e del suo vice, J.D. Vance, con un titolo che è già una sentenza: "And they go hard". Traduzione libera? "E spaccano".

Il ritratto di Vance, prevedibile e rassicurante, sembra quasi voler bilanciare la carica aggressiva del capo: un classico scatto istituzionale, mezzobusto, giacca e cravatta blu/celeste, bandiera americana sullo sfondo e un sorriso che cerca di trasmettere fiducia. Ma la vera notizia è la foto di Trump, scattata dal suo fotografo capo Daniel Torok, che ha scelto un approccio completamente diverso: niente sorrisi, niente pose ufficiali, niente look accomodante. La stessa luce che viene dal basso a illuminare il viso mettendone in risalto i tratti più duri è quella che viene usata spesso nei film horror o per immortalare i pugili o i wrestler. Il Donald 2024 è un'altra cosa.

La foto ufficiale è un ritratto ravvicinato, con la luce che arriva dal basso in puro stile horror. Sembra il manifesto di un film di Carpenter, con tanto di ombre strategiche che mettono in evidenza gli occhi e il ghigno impercettibile. L’effetto è voluto, costruito e chirurgico. Trump è un maestro della comunicazione visiva, e non è certo la prima volta che usa un’immagine per scolpire il suo mito. Basta ricordare il suo gesto dopo l’attentato dell’agosto scorso: il pugno alzato, il grido "Fight! Fight! Fight!", la bandiera americana sullo sfondo e il cerchio perfetto degli uomini della sicurezza che lo incorniciano. Sembrava un quadro di Delacroix aggiornato all’epoca dei social, con Trump nella parte di Gavroche e la folla in delirio.

Non è un caso. Non esistono foto segnaletiche di ex presidenti degli Stati Uniti. O almeno, non esistevano fino ad agosto 2023, quando Trump venne arrestato ad Atlanta con l’accusa di aver tentato di sovvertire il voto in Georgia. La sua permanenza in carcere durò la bellezza di 20 minuti – giusto il tempo di essere schedato e rilasciato dietro cauzione da 200.000 dollari – ma la foto segnaletica fece il giro del mondo. Matricola P01135809, descrizione: «Maschio bianco, alto 1,92 cm per 97 chili, capelli biondi o fragola, occhi blu». Un’immagine diventata subito virale, con articoli dedicati perfino alla sfumatura esatta del suo colore di capelli (tra blorange e strawberry blonde).

E ora, la sua nuova foto ufficiale è praticamente identica. Stesso sguardo torvo, stessa espressione dura, stesso ciuffo pettinato con la proverbiale precisione geometrica. Trump sta collegando le due immagini in modo implicito, senza dirlo apertamente, ma lasciando che il messaggio si costruisca da solo nella mente di chi guarda. Perché? Perché il suo racconto politico è basato sulla narrazione della vittima che lotta.

Dal momento in cui ha perso le elezioni del 2020, Trump ha trasformato la sua sconfitta in un mito: l’elezione rubata, la resistenza, l’attacco al sistema. Ha attraversato l’attentato, il pugno alzato, il cerotto sull’orecchio, ed è arrivato alla vittoria del 2024. Ora questa immagine è il punto d’arrivo della sua epopea personale. Un messaggio chiaro ai suoi elettori: «Mi hanno voluto distruggere, mi hanno arrestato, mi hanno dato per finito. E invece eccomi qui, pronto a riprendermi tutto».

Una storytelling perfetta, che funziona non solo per i suoi sostenitori, ma anche per chi lo detesta. È un’immagine che si aggancia direttamente alla storia recente, che fa "unire i puntini". Ma soprattutto è una foto che cancella tutto quello che c’è stato nel mezzo: quattro anni di amministrazione Biden spariti nel nulla, come se non fossero mai esistiti. L’America si è svegliata dal sogno democratico ed è tornata esattamente al punto di partenza, con Trump di nuovo alla Casa Bianca.

Nel 2017, la foto presidenziale di Trump era quella classica: sorriso di circostanza, pettinato, istituzionale, impeccabile. L’esatto opposto di oggi. Quella foto diceva: "Sono il presidente, accettatelo". Questa dice: "Sto arrivando, e questa volta non faccio prigionieri." Sui social, c’è chi ha trovato la nuova immagine inquietante, e in effetti non è sbagliato. La bocca tesa, lo sguardo accigliato, l’illuminazione strategica: tutto sembra progettato per creare una tensione visiva. Il messaggio subliminale è potente: «Non sono più il Trump del 2017. Ora so come funziona il gioco». Lo aveva già detto durante la formazione della sua super-controversa squadra di governo: «Quando sono arrivato a Washington, non conoscevo nessuno. Ora so chi muove i fili»

Di fronte a tutto questo, il nuovo vicepresidente J.D. Vance ha deciso di fare esattamente il contrario. La sua foto è rassicurante, prevedibile, tradizionale. Il messaggio è chiaro: lui è quello affidabile, quello conservatore, quello senza ambiguità. Perché? Per bilanciare il fuoco d’artificio Trumpiano. Perché non serve che siano entrambi aggressivi, basta uno solo che prenda a martellate lo status quo. L’altro deve fare da garante istituzionale, da volto pulito, da uomo dello Stato. La partita, insomma, è appena iniziata. Trump ha costruito un'immagine che si allinea perfettamente alla sua narrativa. Un’immagine che urla vendetta, forza, determinazione. Una foto che non chiede fiducia, la pretende.