I dati sono stati forniti dall’Istat sulla base dei riscontri all’Anagrafe. Crollano anche i matrimoni, specie al Sud: -69per cento quelli religiosi
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Il 2020 registra più morti che nuovi nati. Le persone passate a miglior vita, nell’anno della pandemia, sono state 700mila, 400mila i nuovi nati. Così la differenza tra decessi e nascite raggiunge quota 300mila unità: mai così dall’epidemia di spagnola targata 1918. L’analisi dei dati Istat viene fornita da Le presse sulla base del responso dell’Anagrafe nazionale della popolazione residente. L’ente riferisce un altro record, un crollo dei matrimoni: -50,3% con punte che sfiorano il 70% se ci si limita a quelli religiosi.
Più morti che nascite
Quello dei 700mila morti, come spiegato dal presidente Istat Gian Carlo Blangiardo, è «un limite oltre il quale nell’arco degli ultimi cent’anni ci si è spinti nel 1920, e nel corso della Seconda guerra mondiale, e il limite inferiore dei 400mila nati, una soglia mai raggiunta negli oltre 150 anni di Unità Nazionale».
Un simile dato si era visto, nella storia del nostro Paese, solamente nel 1918, quando l’epidemia di «‘spagnola’ contribuì a determinare circa metà degli 1,3 milioni dei decessi avvenuti in quell’anno». Sul calo delle nascite pesa l’incognita Covi «come avvenne nell’anno in cui ci fu l’esplosione del reattore nucleare a Chernobyl». In molti, in sintesi, avrebbero rinviato le scelte riproduttive.
Il crollo dei matrimoni al Sud
Fanno riflettere, inoltre, i numeri sulle nuove unioni nel 2020. Ne sono state celebrate 85mila a fronte dei 170mila dell’anno precedente. I dati – fanno sapere gli esperti – sono ancora provvisori ma nel confronto registrano una variazione negativa del 50,3%, rispetto al 2019 e a parità di periodo, il calo raggiunge la punta del 69,6% se ci si limita a quelli religiosi. A livello territoriale la caduta più consistente per numero di celebrazioni dei matrimoni ha riguardato il Mezzogiorno.