La Guardia costiera rivendica il suo continuo impegno nel soccorso di chi è in pericolo in mare. L'8 marzo il salvataggio di 38 migranti provenienti dalla Tunisia al largo di Lampedusa. «Alla responsabilità del soccorso verso chi è in pericolo in mare la Guardia costiera italiana non si è mai sottratta e mai si sottrarrà», il comandante generale del corpo della Guardia Costiera, l'ammiraglio Nicola Carlone, è uscito dal silenzio dopo giorni di polemiche seguite al naufragio di Cutro con un messaggio indirizzato «alle colleghe e ai colleghi» e pubblicato sul sito del Corpo, per allontanare dubbi e sospetti sull'operato del personale che ogni giorno è impegnato nel dispositivo di ricerca e soccorso in mare.

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60mila persone salvate nel 2022

Migliaia le persone salvate. «Lo dicono le nostre azioni e lo dicono le circa 60 mila persone salvate nel 2022, risultati inarrivabili che rendono il senso di un impegno, il vostro, che va ben oltre l'ordinario», ha rimarcato Carlone. Parole che trovano conferma nell'ultimo intervento dell'8 marzo, con 38 persone salvate assieme alla Guardia di Finanza. I migranti erano naufragati al largo di Lampedusa su un barchino partito dalla Tunisia. L'imbarcazione era stata avvistata da un aereo di Frontex e stavolta l'operazione di soccorso è scattata immediatamente. La segnalazione all'autorità Sar competente, quella di La Valletta, parlava infatti di alcune piccole barche in ferro sovraccariche e in pessimo stato di galleggiabilità a 10 miglia dalle acque italiane. Da Malta hanno così richiesto l'intervento alla Guardia Costiera che ha inviato l'unità più vicina, un mezzo della Guardia di Finanza. Arrivata sul posto, la motovedetta ha iniziato le operazioni di soccorso ma una delle barche, che già imbarcava acqua, è affondata. I finanzieri e gli uomini della motovedetta della Guardia Costiera Cp 324, che nel frattempo era arrivata in zona, sono riusciti a salvare tutti e 38 i migranti che erano a bordo, compreso un minore. Difesa Guardia Costiera dopo polemiche seguite al naufragio di Cutro.

Le indagini sul naufragio di Crotone

Nel messaggio l'ammiraglio non entra nel merito delle decisioni prese dalla catena di comando che ha gestito la segnalazione del caicco partito dalla Turchia. Ci sono magistrati che indagano per accertare eventuali responsabilità. Né interviene sullo scontro politico innescato dal centrosinistra che addebita al governo l'accento impresso sull'aspetto di 'law enforcement' dell'intervento sulle imbarcazioni di migranti a scapito dell'attività di salvataggio. Ma difende a spada tratta i suoi. «A voi il compito di continuare a lavorare con professionalità e determinazione, e fare ciò che ha reso il Paese orgoglioso di voi. A me quello di valorizzare, proteggere e rafforzare l'identità della Guardia costiera, che ha nella funzione del soccorso marittimo un pilastro essenziale del nostro agire» ha scritto Carlone, che ha parlato di «giorni tristi», in cui «il dolore immenso per la perdita di tante vite umane in mare deve fare i conti con la necessità e il dovere di recuperare almeno i corpi delle vittime di questo terribile naufragio».

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Il patrimonio della Guardia costiera

«In questi momenti difficili non deve, tuttavia, mai venire meno la consapevolezza dell'inestimabile patrimonio costituito dalla nostra tradizione, professionalità e competenza, frutto non solo di 158 anni di storia valorosa ma anche di imprese recenti, di vite strappate alla morte e al pericolo, di lavoro quotidiano a favore del Paese», ha continuato. «Un patrimonio che, come ricordato dal nostro ministro, onorate ogni giorno con il sacrificio e la dedizione nel vostro impegno, al servizio della collettività e dello Stato, per rispondere alle nuove sfide della sicurezza in mare con sempre maggiore coraggio e professionalità», ha aggiunto. La mattina dell'8 marzo l'ammiraglio ha nuovamente ricevuto il sostegno del vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini. Quest'ultimo ha detto che la Guardia costiera «è stata oggetto di attacchi figli di malafede e ignoranza. Loro salvano vite per missione e per lavoro».