L’incontro con i giornalisti si apre con le critiche della Fnsi all’emendamento che impedisce la pubblicazione delle ordinanze. La presidente del Consiglio dei ministri: «Non vedo bavagli. Mi pare una norma equilibrata». I dubbi sulla candidatura alle Europee: «Non ho ancora deciso». La nomina di Angelosanto: dalla lotta alla ’ndrangheta al contrasto all’antisemitismo
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Due rinvii per motivi di salute. Poi l’atteso confronto con il mondo dei media, preceduto da giorni di fuoco: le polemiche sul caso Pozzolo, la “legge bavaglio”, la manovra economica, i rapporti con gli alleati e la collocazione dell’Italia in Europa, anche alla luce delle elezioni sovranazionali che si terranno tra meno di sei mesi. È appena iniziata la conferenza stampa di fine anno (inizio, stavolta) della premier Giorgia Meloni. Un appuntamento attesissimo dopo gli impedimenti che hanno costretto la premier a uscire temporaneamente dalla scena pubblica. All’interno della nuova “Aula dei gruppi parlamentari” 45 le domande previste e che verranno poste dai giornalisti accreditati, secondo uno schema deciso dal fato: il sorteggio avvenuto ai primi di dicembre.
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Meloni: «Non vedo bavagli per i giornalisti»
A introdurre i lavori, il presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, Carlo Bartoli. Assente la Federazione nazionale della stampa italiana, così come ampiamente preannunciato. E infatti il primo punto è proprio questo: la “legge bavaglio” su cui la Meloni si tiene in perfetto equilibrio... «Questa norma è frutto di un emendamento parlamentare – dice la premier – che arriva da esponente dell’opposizione e non è una iniziativa del governo, anche se il governo l'ha approvata. Fare una manifestazione sotto palazzo Chigi come fatto dalla Fnsi? Penso sarebbe stato giusto farla di fronte al parlamento. Non credo che venga tolto il diritto di informare i cittadini, è giusto dire che qualcuno è stato arrestato, perché e per quali reati. A me pare una norma di equilibrio tra diritto a informare e diritto del cittadino a non ritrovarsi sui giornali anche particolari non rilevanti che ledono la sua onorabilità».
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«Manovra economica? Bene così»
Il secondo tema caldo è quello della manovra economica e dei tagli alla spesa pubblica: la crescita attesa dell’Italia è superiore, come stima, alla media europea. E allora bisogna insistere sul taglio del cuneo fiscale, migliorando ulteriori provvedimenti. E a proposito di Europa, la precisazione sulla sua potenziale candidatura alle Europee: «Non ho ancora deciso, anche se non ci sono preclusioni». Un messaggio anche alle opposizioni: la sfida con il centrosinistra potrebbe riproporsi ma una finalità da parte della premier: consolidare la propria leadership nel Paese, che continua anche dai sondaggi e dagli indici di gradimento a rimanere abbastanza salda. Il discorso, così, si sposta sul Mes (rispetto al quale l’Italia ha fatto dietrofront) e su cui ci si interroga a livello europeo anche in chiave di “potenziale isolamento” del Paese. Un punto caldo, sul quale Giorgia Meloni sembra abbastanza determinata: l’Italia deve essere consapevole del proprio ruolo, rivendicato la propria centralità e i propri diritti.
Il confronto con Elly? Perché no…
Esauriti i temi economici, con la rivendicazione delle scelte adottate sugli extraprofitti delle banche, il tema si sposta sulla politica pura. E sul confronto, all’americana, tra leader donne: pronta a un confronto tv con la leader dell’opposizione Elly Schlein, e non soltanto sui temi legati ai diritti delle donne: «Non mi sono mai sottratta né lo farò. Ma non credo debba essere solo questo l’oggetto del confronto. Siamo due leader politici. Non so se lei sia disponibile, non mi prendo impegni sul dove, ma posso dare la mia disponibilità a fare il confronto». Un passaggio sottile, soprattutto se riferito alle contrapposizioni costanti tra i poli su svariati temi che vengono immediatamente rilanciate in riferimento al “caso Degni”, il consigliere della Corte dei conti finito al centro dopo alcune uscite social manifestamente caratterizzate da una adesione politica in contrapposizione al centrodestra: «Non voglio intervenire sulla vicenda. Posso solo esprimere valutazioni politiche: immaginare che le persone di nomina politica in incarichi super partes si comportino da militanti politici mi fa paura. Non si può considerare normale, è una mentalità che combatto. Mi aspetto una risposta da parte di Elly Schlein, e anche da parte di chi ha nominato questa persona».
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Il piano Mattei per le migrazioni e la riforma della giustizia
Uno dei temi di maggiore impatto, e cavalcati dagli alleati di centrodestra, i flussi migratori: mai come in questa epoca, e stagione, gli arrivi sono stati così tanti. In particolare nell’anno appena trascorso. E allora il messaggio chiaro: il Patto con l’Unione europea non rappresenta una soluzione. Il Paese deve rimboccarsi le maniche e, se è il caso, fare ancora da solo. Ecco spiegato il senso del cosiddetto “Piano Mattei”: «Quello che va fatto in Africa è il diritto a non emigrare prima del diritto ad emigrare. Il piano Mattei costituisce questa idea, e il mio obiettivo è che diventi un modello a cui altri Paesi possano aggregarsi: è più avanti di quanto sembri e di quanto senta dire. Non è solo l’energia il nostro focus, ma ritengo che se vogliamo lavorare a una strategia, dobbiamo considerare che l’energia è un tema importante se vogliamo confrontare Europa, che ha bisogno di energia, e Africa, che è un grande produttore. Ma lavoriamo anche sulla formazione. Ci sono progetti specifici, ma non ne voglio parlare in anticipo». Poi il discorso si sposta su balneari e ambulanti, in riferimento ai “richiami” di Mattarella che secondo la Meloni non resteranno inascoltati. Un messaggio al principale competitor intero, Matteo Salvini. «Nei prossimi giorni valuteremo l’opportunità di ulteriori interventi chiarificatori sulla materia». Una determinazione che si riflette anche nel campo della giustizia. E sulla riforma alla quale si sta lavorando: «Spesso abbiamo dato l’immagine di uno Stato forte con i deboli e debole con i forti. Bisogna cambiare. Non è la mia mentalità: dobbiamo dare priorità alle riforme di giustizia e burocrazia».
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Riforma costituzionale e divario Nord-Sud
Non mancano, tra le domande, quelle su due temi che riguardano l’equilibrio tra i poteri e, soprattutto, tra territori. Quindi, il riferimento all’Autonomia differenziata. Le proposte sul premierato? Hanno un solo obiettivo: assicurare la stabilità dei governi salvaguardando le prerogative del Capo dello Stato. Riforma centrale perché consente ai cittadini di scegliere da chi farsi governare e soprattutto, al termine dei 5 anni, valutare il lavoro portato avanti, quindi i risultati. «Io ho fatto quello che detto ai cittadini ciò che avrei fatto. Questo non sarà un referendum su Giorgia Meloni ma su cosa accadrà dopo». E l’autonomia? Si tiene proprio sul premierato, secondo la presidente del Consiglio dei ministri. «Non credo alle sperequazioni tra Nord e Sud: stiamo lavorando bene sui Lep, un lavoro che nessuno ha mai fatto. Ma al netto di questo, l’Autonomia differenziata non toglie ad alcuni per dare ad altri. Il punto è un altro: se spendi bene, lo Stato può darti altre risorse da gestire. Questo è un volano per il Mezzogiorno, perché responsabilizza la classe politica e istituzionale e fa andare avanti e meglio i più bravi».
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I casi Pozzolo e Verdini. La difesa di Salvini
Era una domanda attesa. Così come il provvedimento annunciato: il parlamentare pistolero verrà sospeso da Fratelli d’Italia dai probiviri. Perché la responsabilità di quanto accaduto non possono che essere personali. Ma da qui a “contestare” al partito la selezione della classe dirigente ce ne corre. E infatti Giorgia Meloni non manca di richiamare anche i “suoi” al senso di responsabilità. E gli alleati? Il discorso si sposta sui Verdini, su Anas e sull’inchiesta in corso. Anche qui bisognerà attende il lavoro della magistratura, e commentare semmai gli sviluppi degli esiti giudiziari. Quindi, la difesa di Matteo Salvini: non è chiamato in causa e non deve pertanto riferire in Parlamento. Il caso è giudiziario ma non politico: con il nostro Governo, precisa la premier, i lobbisti non passano sebbene l’opposizione continui a costruirci sopra polemiche.
Le zone franche del Paese
Si va sui temi strettamente sociali: il degrado delle periferie. E le periferie che alimentano violenza e generano conflitti. Se lo Stato si mette a lavorare – così come avvenuto a Caivano – il problema si può affrontare, arginare e risolvere. Ma lavorare come? Procedendo con la restituzione di diritti banali. Ad esempio… consentire a una madre di portare il proprio figlio al parco. E alimentare i presidi sociali presenti sui territori inviando insegnanti, assistenti sociali, rafforzando i presidi di legalità. I risultati arrivano con il tempo, ma attraverso un impegno multidisciplinare.
Da Telemeloni a Elon Musk
La Rai celebra i suoi 70 anni. L’azienda di Stato resta un presidio di pluralismo finito però al centro delle polemiche per i palinsesti e le conduzioni dei format. Accuse che Giorgia Meloni ha continuato a respingere accampando fatti del (recente) passato: «Ho letto accuse di regime. Ma quando FdI, unica opposizione ai tempi di Draghi era l’unico partito non rappresentato in Rai, nessuno ha gridato allo scandalo. E il Pd con il 18% aveva occupato l’80% dei posti in Rai. Io sto solo cercando di riequilibrare il servizio pubblico». Poi ci sono le partecipazioni ad Atreju: il capo di Tesla e X ha qualcosa da dire, anche in riferimento all’intelligenza artificiale che condizionerà il futuro del mondo. Ma ciò non toglie che il partito resti fermo sulle sue posizioni, a partire dalla maternità surrogata: «Non penso che pagare una donna povera per mettere al mondo un figlio che poi vende sia progresso: l’ho sempre vista così e sono contenta se il Parlamento riesce ad approvare la legge sulla maternità surrogata reato universale». E gli incontri di Salvini con il Ceo di Huawei che è il cliente del cognato? La risposta è netta: «Non so se può incontrarlo, mi informerò».
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La nomina di Angelosanto per la lotta contro l’antisemitismo
«Il prefetto Giuseppe Pecoraro si è dimesso per ragioni personali dal suo incarico e il governo è in procinto di nominare il generale Pasquale Angelosanto, già capo del Ros», come Coordinatore nazionale per la lotta contro l'antisemitismo. Così Giorgia Meloni, nel corso della conferenza organizzata alla Camera dei deputati con la stampa parlamentare: «Mi colpisce moltissimo che le immagini atroci dello scorso 7 ottobre, degli attacchi di Hamas su civili inermi, abbiano prodotto una recrudescenza di antisemitismo, che evidentemente covava sotto la cenere. Forse abbiamo sottovalutato le forme contemporanee di antisemitismo, come quella mascherata da critica verso Israele», ha aggiunto Meloni, ricordando che «quando fu votata la commissione Segrem chiedemmo con alcuni emendamenti che si potesse citare il diritto di Israele a esistere, e non furono approvati per calcolo politico. Credo che una riflessione seria sul fatto che spesso si è messa la testa sotto la sabbia vada fatta». Angelosanto vanta un’importante esperienza in Calabria, dove il generale ha guidato il comando provinciale dei carabinieri di Reggio Calabria ed è stato in prima linea nella lotta alla ’ndrangheta, assicurando alla giustizia diversi latitanti.
Tasse, paradisi fiscali e “ricatti”
L’Europa è attesa a una prova, dopo le elezioni, di compattezza e unità anche sul piano strettamente economico: il problema dei patrimoni collocati all’estero, per oltre 200 miliardi di euro, non può essere un problema da affrontare in sede nazionale: alcuni sistemi drenano risorse, e favoriscono con tassazioni ridotte, il trasferimento dei capitali. Ecco perché la riforma del fisco coniugata a nuove intese su base sovranazionale diventa centrale per superare gli scogli del momento. Quindi, rendere il sistema discale italiano più competitivo rappresenta una vera priorità. E sui “ricatti” dei grandi sistemi economici o politici? Non ce ne sono stati e non ce ne saranno, perché le scelte spettanti a Fratelli d’Italia e alla sua leadeship non saranno “negoziabili”. Restando all’Europa, parlare oggi del totonomi sulla presidenza della Commissione europea (il nome in campo è quello di Mario Draghi) non è opportuno, visto che bisognerebbe invece concentrarsi sull’agenda della Commissione stessa, su ciò che bisogna fare a partire dalla difesa dei confini, dalla sostenibilità ambientale, dalle migrazioni e via discorrendo. Quindi, l’obiettivo dell’Italia sarà quello di avere certamente un ruolo importante a prescindere dai nomi.
Le polemiche politiche
Il confronto con i giornalisti, dopo i tanti passaggi tecnico-economici, scivola su altri contesti. E sulle polemiche che hanno tenuto banco negli ultimi mesi. Dal caso Vannacci («Non ho letto il libro, ma penso che il mondo davvero a volte vada al contrario») alle alleanze europee con i partiti di estrema destra come Afd e Marine («movimenti troppo distanti da noi») per proseguire con la discussione sulla nuova legge elettorale, in relazione al premierato: favorevole alla reintroduzione delle preferenze più che alle liste bloccate. C’è un passaggio nuovamente economico, relativo alla “Via della seta” e alla scelta di dismetterla: non era vantaggiosa sul piano economico e inoltre l’Italia era l’unico Paese del G7 ad aderirvi. Sulle questioni strettamente interne: separazione delle carriere in magistratura nonché sovraffollamento delle carceri. Priorità il primo punto, no a indulti o amnistie per il secondo in piena linea politica delle storiche battaglie di Fdi. C’è poi il passaggio sul familismo in riferimento alle aspirazioni di candidature della sorella alle Europee. Sul punto la Meloni è netta: nel Parlamento ci sono due coppie di coniugi, ma sono nel Pd e in Sinistra italiana.
Gli ultimi temi prima della chiusura
Oltre due ore di conferenza stampa su svariati temi, prima delle conclusioni che spaziano dal sostegno necessario all’Ucraina, un Paese al quale bisognerà continuare a fornire armi, alle politiche di sostegno alla natalità con un riferimento di carattere strettamente personale: essere madri rappresenta il momento fondante e di realizzazione assoluta per una donna, ma non deve precludere le altre aspirazioni che devono e possono andare di pari passo. Da qui, la necessità di rivendicare i provvedimenti adottati in materia perché lavoro e maternità restino conciliabili.