L’Umanità aveva promesso a se stessa che non sarebbe accaduto più. Aveva promesso che i lager, i campi di concentramento, le torture di massa non avrebbero più turbato la coscienza del Mondo. Invece sta accadendo di nuovo, a poche miglia dalla costa italiana, in quella Libia che per alcuni paesi europei, compresa l’Italia, è un “porto sicuro” dove riportare i migranti salvati in mare.
Immagini sconvolgenti, che non tutti possono reggere, ma che papa Francesco ha voluto guardare per rendersi pienamente conto di quello che accade. «Ho visto un filmato in cui si vede cosa succede a coloro che sono mandati indietro – ha detto Bergoglio ai giornalisti tornando dall’Irlanda -. Sono ripresi i trafficanti, le torture più sofisticate».

 

 

Del dolore del pontefice ne dà conto oggi Avvenire. «Francesco - si legge sul quotidiano cattolico - aveva saputo che persone a lui vicine erano in possesso dei video che dimostrano senza dubbio alcuno quale sia la condizione delle migliaia di persone imprigionate nei campi dei trafficanti di uomini. I filmati mostrati settimane addietro a Bergoglio sono pagine di spaventosa crudeltà. La conferma che la Libia non è affatto quel "porto sicuro" per chi scappa da fame e guerre. Il pontefice, in silenzio, ha osservato quei drammi, prima solo raccontati dalle cronache, e adesso visibili agli occhi. Nessuno che abbia visto, può dimenticare lo sguardo spalancato sull’inferno del ragazzo che implora come può, con le lacrime, mentre scalcia per allontanare i torturatori. Lui a terra e loro addosso. Almeno cinque e nessuno che smetta. Si divertono mentre picchiano più duro. Lo pugnalano trasformando il volto del ragazzo in una poltiglia, fino a quando la pelle nera si ricopre di sangue e polvere e si impasta nel fango che ha il colore della morte, ma la morte non arriva. Nella stanza delle torture il ragazzo cerca una fuga che non c’è. Non molla, il ragazzo. Incassa i colpi, ma non vuole svenire. Poi l’altro vigliacco, quello con il telefonino, si porta più vicino, perché i destinatari del filmato, forse i parenti a cui chiedere altri soldi, corrano a indebitarsi per mettere fine a quel supplizio. E lui, il ragazzo che era nero e adesso è solo sudore e porpora, lotta ancora tra l’istinto di sopravvivenza e il desiderio che l’uomo fattosi mostro, quello che con una mano lo sta mutilando a colpi di machete e con l’altra impugna una rivoltella, si decida a premere il grilletto. E la faccia finita. Poi il video, girato con mano ferma e inquadrature studiate, come di chi non è certo nuovo alla dannazione degli ultimi, si interrompe».

 

“Scannatoio dei migranti”. Avvenire usa questa locuzione per descrivere quanto visto dal Papa. Sono immagini terribili che richiamano alla mente la tratta degli schiavi che dal XVI e al XIX secolo ha segnato per sempre l’esistenza del continente africano. Come allora, gli uomini diventano cose che si possono rompere e gettare via, bestie da macello che si possono torturare e sgozzare per il solo sadico piacere dei carcerieri.
Tutto ciò non ha nulla a che vedere con i partiti di destra e di sinistra, con le politiche migratorie e con la gestione più o meno permissiva del fenomeno. Perché su tutto dovrebbe prevalere il rigetto e l’indignazione per ciò che l’Umanità ha già vissuto e pagato con una vergogna immensa, che ora torna a sporcarci l’anima.