Il vicepremier intervistato dal Corriere della Sera replica alle perplessità di Giorgetti sul reddito di cittadinanza: «Se qualche membro del governo non ci crede è un rischio»
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«Abbiamo firmato un contratto di governo che va rispettato da entrambi i contraenti». Così il vicepremier Luigi Di Maio, intervistato dal Corriere della Sera in merito alle peprplessità avanzate dal sottosegretario Giorgetti (Lega) sul reddito di cittadinanza. All'esponente leghista poi replica: «Il reddito di cittadinanza sarà operativo nei primi tre mesi del 2019. Se vedo un problema non è nelle risorse o nelle norme, ma quando qualcuno non crede in quello che stiamo facendo. Se qualche membro del governo non crede in quello che stiamo facendo, allora è un rischio per i cittadini prima di tutto».
All'ombra del reddito di cittadinanza, riesplode lo scontro nel governo. Vengono allo scoperto le tensioni sulla manovra, per la necessità di ridurre il deficit e il conseguente rischio di non poter mantenere - non tutte, non subito - le promesse elettorali. Giancarlo Giorgetti esplicita i dubbi della Lega sul cavallo di battaglia pentastellato. Ma Luigi Di Maio - che in serata affida a Riccardo Fraccaro un duro attacco a Giorgetti - assicura che la misura arriverà insieme alla riforma delle pensioni via decreto, dopo il varo della manovra, «a Natale» o giù di lì.
Il premier Giuseppe Conte rassicura che i soldi ci sono per far tutto ma la situazione è esplosiva e solo un chiarimento serale con Giorgetti sembra, per ora, calmare le acque sedando «inutili e pretestuose» polemiche. Il governo ha poco più di una settimana per rispondere ai rilievi di Bruxelles e provare a evitare la probabile procedura d'infrazione sulla manovra. Ma il lavoro di diplomazia di Conte (il premier vedrà Jean Claude Juncker e potrebbe personalmente consegnargli la lettera) e di Giovanni Tria è reso più impervio dai toni da battaglia dei suoi vicepremier. L'idea è sostenere che il deficit al 2,4% è calcolato su una crescita tendenziale (lo 0,9%) più bassa di quella che il governo si attende (l'1,5%). E spiegare che l'impatto delle misure sui conti nel 2019 sarà ridotto anche dal fatto che non partiranno subito. Ma qui iniziano le difficoltà.
Perché sia Di Maio che Salvini non vogliono sentire ragioni: il reddito di cittadinanza deve partire a marzo, insiste il M5s. E Salvini convoca una piazza anti-Juncker che costringe Conte a precisare che sarà lui «a interloquire con Bruxelles» e scegliere i toni del dialogo. È soprattutto tra gli esponenti di governo pentastellati che gli animi sono agitati: «Se non si placano - dice una fonte leghista - rischiamo di non reggere fino alle europee». Sul M5s c'è la pressione della base per le notizie sul rischio che il reddito slitti e dei parlamentari nel leggere che la Lega vola nei sondaggi. E così Di Maio in tarda mattinata si collega a Facebook per dire che il Movimento è «sotto attacco» ma «manterrà le sue promesse». Per reddito e pensioni di cittadinanza «in manovra ci sono i soldi, la ciccia, e in un decreto a Natale o subito dopo si metteranno le misure», spiega. Poi annuncia «a breve» la proposta per il taglio degli stipendi dei parlamentari, il taglio delle scorte, un Cdm nella terra dei fuochi, il «taglio agli stipendi dei consiglieri regionali se non si taglieranno i vitalizi» e pure lo stop alla prescrizione. Su quest'ultimo tema, come su altri, la Lega frena e Di Maio ne è consapevole. Ma si mostra deciso a tirare dritto. Tanto che tira fuori il tema più controverso: la Tav.
L'Alta velocità, spiegano in ambienti leghisti, è il vero terreno di scontro in questa fase: un dossier che blocca tutti gli altri. «Non ci serve», dice Di Maio. Ma Salvini vuole andare avanti. E a breve bisognerà prendere una decisione. Così come bisogna al più presto scrivere la lettera che si invierà a Bruxelles. E non è banale. Perché dietro la linea del 'tiriamo dritto', c'è il tentativo dei mediatori alla Giorgetti di dare un segnale di contenimento delle spese. Ecco perché in casa leghista c'è chi legge gli attacchi del M5s al sottosegretario come il tentativo di indebolire la linea del dialogo. Nel giorno in cui il dato del fabbisogno segna un miglioramento di 8,9 miliardi e in cui le banche superano gli stress test (su dati del 2017), Giorgetti insiste che il governo deve essere pronto a ricapitalizzazioni.
Ma è con una frase sul "reddito" - detta qualche giorno fa in un'intervista per il libro di Bruno Vespa - a far infuriare Di Maio: «La misura ha complicazioni attuative non indifferenti. Se riuscirà a produrre posti di lavoro, bene. Altrimenti resterà un provvedimento fine a se stesso», dichiara. Conte da Tunisi precisa che la misura, sia pure «con molta attenzione», partirà «l'anno prossimo». E anche la Lega fa sapere di non volerla affossare. Ma M5s non sembra crederci e Fraccaro scrive una risposta di fuoco: «Le complicazioni nascono quando si provano a insinuare dubbi su punti inseriti nel contratto».