È un’immagine storica, l’inizio di un nuovo cammino scientifico che condurrà l’Umanità verso una maggiore conoscenza dell’Universo e delle sue leggi. L’ammasso di galassie SMACS 0723 è il protagonista della prima immagine di James Webb, il telescopio spaziale nato dalla collaborazione fra Nasa, Agenzia Spaziale Europea (Esa) e agenzia spaziale canadese (Csa). Per capire la potenza del nuovo mezzo, la stessa porzione di spazio profondo era stata fotografata in passato anche dal telescopio Hubble, con una capacità di dettaglio però 100 volte minore.

La prima foto di Webb è stata presentata dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden, accompagnato dalla vicepresidente Kamala Harris e dall'amministratore capo della Nasa, Bill Nelson. «Sono onorata di essere qui con voi. Oggi si apre un nuovo capitolo nell'esplorazione dello spazio», ha detto Harris.

«Galassie che brillano accanto ad altre galassie. Una piccola porzione dell'Universo», ha affermato Nelson presentando a Biden la prima immagine del nuovo telescopio spaziale, con il quale saremo in grado «di rispondere a domande che non sappiamo ancora formulare».

«La prima immagine dal telescopio Webb rappresenta un momento storico per la scienza e la tecnologia, per l'astronomia e l'esplorazione spaziale. Ma anche per l'America e tutta l'umanità», ha poi scritto in un tweet Biden al termine della presentazione.

La prima immagine, attesa per il 12 luglio in un evento internazionale alla presenza di tutti i partner del progetto, è stato così anticipata di un giorno dagli Stati Uniti. La decisione di anticipare l'annuncio «è stata una sorpresa anche per noi», ha detto all'ANSA Marco Sirianni, responsabile dello sviluppo del telescopio Webb per l'Esa, e «possiamo considerare l'annuncio dalla Casa Bianca una sorta di antipasto», ha osservato riferendosi al piatto forte del 12 luglio, con l'evento internazionale in cui saranno presentate tutte le immagini che segnano l'inizio della vita operativa del nuovo telescopio spaziale, lanciato il 25 dicembre 2021.

Se l'immagine mostrata dalla Casa Bianca ha un grande valore simbolico, il 12 luglio è attesa una staffetta di immagini. Saranno tutte nell'infrarosso perché è in questa lunghezza d'onda che funzionano gli 'occhi' del telescopio James Webb e ce ne saranno molte per ognuno dei cinque bersagli degli strumenti di Webb, dei quali l'Esa ha fornito il NIRSpec e il 50% del Miri.

Oltre all'ammasso di galassie SMACS 0723, che funziona come una lente di ingrandimento cosmica attraverso cui vedere galassie molto distanti, il telescopio ha fotografato nell'infrarosso la Nebulosa della Carena (o Nebulosa di Eta Carinae), una delle più grandi e brillanti della Via Lattea, una culla di stelle massicce distante 7.600 anni luce; ha poi catturato le immagini del pianeta esterno al Sistema Solare WASP-96b, un gigante fatto soprattutto di gas che si trova a 1.150 anni luce dalla Terra; quelle della Nebulosa Anello del Sud, una nube di gas in espansione che circonda una stella morente, e quelle delle cinque galassie vicinissime fra loro note come il Quintetto di Stephan, distanti 290 milioni di anni.

«Per ognuno di questi oggetti cosmici il telescopio Webb ha catturato immagini con strumenti diversi», ha detto Sirianni. Molte saranno immagini spettrali, ossia immagini che scompongono la luce emessa da stelle e galassie per ottenere il maggior numero di informazioni possibili, per esempio sulla composizione. Ognuno dei cinque bersagli del telescopio spaziale Webb e dei suoi strumenti e corrisponde a cinque grandi temi di ricerca: la nascita delle stelle, la formazione dei pianeti, la nascita delle prime galassie dopo il Big Bang, l'evoluzione delle galassie, lo studio dei pianeti esterni al Sistema Solare. Sono soltanto le prime domande: «Altre non le conosciamo ancora e arriveranno dopo che i primi risultati avranno permesso di capire a fondo le potenzialità del nuovo telescopio spaziale, come era successo per Hubble».

Fra le cose più affascinanti che il telescopio Webb potrebbe aiutare a osservare meglio c'è l'atmosfera dei pianeti esterni al Sistema Solare: «Potremmo studiare in dettaglio quelli che conosciamo, con immagini e spettrogrammi che - ha concluso l'esperto - potrebbero contenere le impronte di elementi che si possono associare a condizioni che si concilierebbero con la vita».