La Commissione: «La legislazione non prevede una progressione salariale incrementale basata sui precedenti periodi di servizio». Inoltre, aggiunge, il nostro Paese «non ha adottato misure efficaci per impedire l'uso abusivo di successivi contratti di lavoro a tempo determinato»
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La Commissione Ue deferisce l'Italia alla Corte di giustizia Ue per non aver posto fine all'uso abusivo di contratti a tempo determinato e a condizioni di lavoro discriminatorie.
L'Italia, afferma, «non ha adottato le norme necessarie per vietare la discriminazione in merito alle condizioni di lavoro e l'uso abusivo di successivi contratti a tempo determinato».
Il tema è la legislazione sullo stipendio degli insegnanti a tempo determinato nelle scuole pubbliche che «non prevede una progressione salariale basata sui precedenti periodi di servizio» ed è «una discriminazione rispetto agli insegnanti assunti a tempo indeterminato».
La Commissione, viene spiegato più nel dettaglio dall'esecutivo comunitario, «ritiene che la legislazione italiana che determina lo stipendio degli insegnanti a tempo determinato nelle scuole pubbliche non preveda una progressione salariale incrementale basata sui precedenti periodi di servizio».
«Ciò costituisce una discriminazione rispetto agli insegnanti assunti a tempo indeterminato, che hanno diritto a tale progressione salariale - spiega la Commissione -. Inoltre, contrariamente al diritto dell'Ue, l'Italia non ha adottato misure efficaci per impedire l'uso abusivo di successivi contratti di lavoro a tempo determinato del personale amministrativo, tecnico e ausiliario nelle scuole pubbliche. Ciò viola la normativa Ue sul lavoro a tempo determinato. La Commissione ritiene che gli sforzi delle autorità siano stati, finora, insufficienti e pertanto sta deferendo l'Italia alla Corte di giustizia dell'Unione europea».