«Nel pieno rispetto dell’indipendenza e dell’autonomia della Magistratura ungherese», il segretario generale della Farnesina, ambasciatore Riccardo Guariglia, «ha espresso la ferma aspettativa del Governo» italiano «affinché alla signora Salis sia accordato al più presto un regime di custodia cautelare in linea con la normativa europea, incluse misure alternative alla detenzione in carcere».
La Procura di Budapest ha chiesto undici anni di carcere per Ilaria Salis. La 39enne insegnante italiana, militante antifascista, si trova in carcere in Ungheria dal febbraio dello scorso anno accusata di aggressione per aver partecipato a scontri con neonazisti europei. La donna è entrata in aula con mani e piedi ammanettati.

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Ieri il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha dato disposizioni al segretario generale della Farnesina, Riccardo Guariglia, di convocare l'ambasciatore ungherese a Roma per un passo di protesta per le condizioni di detenzione di Ilaria Salis. Guariglia questa mattina ha così convocato al ministero degli Esteri l’incaricato d’Affari della Repubblica di Ungheria. «Nel ribadire la protesta del governo italiano per le condizioni in cui la signora Ilaria Salis è stata detenuta e viene trattenuta durante le udienze in tribunale a Budapest - prosegue la nota - l’ambasciatore Guariglia ha richiamato i principi cardine previsti dalla normativa europea e internazionale relativi al rispetto delle garanzie a tutela della dignità delle condizioni detentive, incluse le modalità di traduzione degli imputati in tribunale e delle garanzie di un equo processo. Il Segretario Generale si è inoltre soffermato sull’assoluta necessità che alla signora Salis e ai suoi legali siano garantiti l’accesso alla traduzione in italiano degli atti di accusa, come già richiesto dalla difesa, e la visione del video di sorveglianza alla base dell’imputazione, per assicurare il pieno godimento del diritto alla difesa e un equo processo. Il segretario generale ha infine confermato che l’Ambasciata a Budapest continuerà ad assicurare ogni assistenza alla Signora Salis e ai suoi familiari, in collaborazione con i suoi legali», si sottolinea ancora.

Tajani: «Orban non c'entra niente»

Sul caso Salis, «per quanto riguarda la questione degli arresti domiciliari, devono essere chiesti dall'avvocato in Ungheria, il trattato prevede che si possa chiedere di avere gli arresti domiciliari in Italia soltanto se ci sono gli arresti domiciliari là. Se il detenuto è in carcere non c'è la possibilità né di farla tradurre in carcere in Italia né degli arresti domiciliari, l'estradizione non è prevista perché non è che Salis ha commesso un reato in Italia ed è stata arrestata in Ungheria: il reato ipotetico è stato commesso in Ungheria, quindi deve essere processata in Ungheria», ha puntualizzato il ministro agli Affari esteri Antonio Tajani, incalzato dai cronisti sul caso Salis all'uscita da Palazzo Chigi post Cdm.

«Orban non c'entra niente. Non è che il governo decide il processo. La magistratura è indipendente. Il problema - spiega il titolare della Farnesina - è vedere se sono state rispettate le regole prima o dopo, non è che noi possiamo intervenire, l'Ungheria è uno Stato sovrano» sulle modalità di trattamento dei detenuti, ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Il ministro aveva anche detto: «Questa volta mi sembra che si sia ecceduto», si tratta di «violazione delle norme comunitarie».

Opposizioni con Forza Italia e Lega chiedono Meloni in aula

Tutte le opposizioni (Pd, M5S, Avs, Azione, Più Europa e Iv) chiedono alla premier Giorgia Meloni di intervenire in aula sul caso Ilaria Salis. Alla richiesta di un'informativa urgente si è anche associata Forza Italia. E subito dopo anche la Lega. «Esprimo parere favorevole ma non per le motivazioni che ho sentito precedentemente», spiega il leghista Davide Bellomo rispetto alle dichiarazioni in aula degli esponenti dell'opposizione.

Ue non commenta

La Commissione europea dal canto suo «non commenta casi singoli, c'è un processo in corso. I problemi riguardanti la detenzione sono responsabilità degli Stati membri». Così il portavoce per la Giustizia dell'esecutivo Ue Christian Wigand ribadisce, durante il briefing con la stampa a Bruxelles, la linea di basso profilo tenuta dall'Ue sul caso di Ilaria Salis, l'insegnante italiana in carcere in Ungheria da un anno in condizioni degradanti, con l'accusa di aver aggredito due neonazisti, condotta ieri in Tribunale ammanettata alle mani e ai piedi, legata ad una sorta di guinzaglio.

La Commissione «nel dicembre 2022 - ricorda Wigand - ha raccomandato agli Stati membri standard minimi sulla detenzione e gli Stati membri riporteranno entro 18 mesi» su questo. Ieri il commissario alla Giustizia Didier Reynders si era limitato a dire che la Commissione è «disponibile ad aiutare» nei contatti bilaterali tra Italia e Ungheria.

Il padre: «Denunciamo da tempo privazione diritti»

«Sapevo che sarebbe stato emotivamente molto difficile, per me e mia moglie, vedere Ilaria trascinata in catene in tribunale. Ma di fronte a questo, certo non mi fermo, anzi, mi sento sempre più motivato a tirarla fuori di lì», ha detto, in un'intervista al 'Corriere della Sera', Roberto Salis, padre di Ilaria, detenuta in carcere in Ungheria.

«Sono riuscito a incontrarla per la prima volta da un anno a questa parte, senza un vetro divisorio in mezzo a noi - ha continuato -. Ilaria si dichiara innocente, e porterà in aula tutte le motivazioni per dimostrare la sue estraneità alle accuse. Il punto è un altro: mia figlia deve uscire di lì, bisogna tirarla fuori. Denunciamo da tempo le condizioni in cui è detenuta, la privazione dei diritti fondamentali di una cittadina italiana, in un Paese europeo - ha aggiunto - Non è civile celebrare un processo equo in queste condizioni. Su questo mi sarei aspettato una indignazione trasversale. Invece mi tocca leggere ancora certi titoli che la definiscono 'l’anarchica' e simili. Mia figlia ha preso le distanze da certe posizioni già da tempo. Lei è un’antifascista, punto», ha concluso.