Si è aperto oggi a Venezia il processo per il femminicidio di Giulia Cecchettin, la studentessa di Vigonovo uccisa con 75 coltellate dall'ex fidanzato la sera dell’11 novembre del 2023. Filippo Turetta, imputato di omicidio volontario pluriaggravato, non si è presentato davanti alla corte d'Assise, presieduta dal giudice Stefano Manduzio. Il 22enne è rimasto nella sua cella, nel carcere veronese di Montorio, lontano dai riflettori.

In aula c'era invece il papà di Giulia, Gino Cecchetin, che non ha voluto parlare con i giornalisti: «È prematuro», ha detto soltanto. Per i media sono state fissate regole rigide per l'ingresso in aula: accesso limitato a 40 persone, la metà giornalisti, e ammesse solo le telecamere della Rai. Gli avvocati della difesa Giovanni Caruso e Monica Cornaviera hanno rinunciato all'udienza preliminare, hanno anticipato che non chiederanno la perizia psichiatrica e sostengono la necessità di un processo 'normale' lontano da qualsiasi show.

Caruso ha aggiunto che «Filippo Turetta verrà in aula e sarà pronto a rispondere a tutte le domande anche per onorare la memoria di Giulia. Filippo pensa a quello che è successo, avrà modo di maturare fino in fondo l'accaduto», ha aggiunto.

Nel dibattimento è previsto un solo testimone per la difesa, l'anatomopatologa Monica Cucci, che prese parte all'autopsia della vittima, mentre sono una trentina, tra parenti, amici e investigatori, quelli dell'accusa sostenuta dal pm Andrea Petroni in un processo che ha poco da svelare dopo la confessione di Turetta. Sulla condanna certa del 22enne resta solo l'incognita della premeditazione anche se gli elementi raccolti dalla Procura, e inseriti nella chiusura indagine, lasciano pochi dubbi: l'ex fidanzato che controllava Giulia, anche dopo la fine della relazione terminata a luglio, avrebbe progettato con anticipo il delitto e la fuga. Con sé aveva i coltelli con cui ha colpito l'ex fidanzata, ma anche scotch e sacchi neri per legarla e nasconderla, oltre a soldi per la fuga.

«Il processo è sulle responsabilità personali. È un processo non al femminicidio, ma solo a Filippo Turetta», ha detto il procuratore di Venezia Bruno Cherchi, che ha assistito all'avvio della prima udienza. «Non è uno studio sociologico - ha aggiunto il magistrato - ma un accertamento delle responsabilità. Il processo - ha concluso Cherchi - si deve svolgere nelle aule di Tribunale, nel rispetto anche dell'imputato».

Sono 12 in tutto persone ed enti che hanno chiesto di costituirsi, davanti alla corte d’Assise di Venezia: oltre ai familiari della vittima - papà Gino, i fratelli Elena e Davide, lo zio Alessio e la nonna Carla Gatto -, quattro associazioni di donne che contrastano la violenza di genere, l’associazione Penelope, che ha aiutato la famiglia nei giorni della scomparsa. C'è anche il Comune di Fossò (Venezia) «tristissimo teatro di questa azione». La richiesta è di un risarcimento per il danno materiale e morale e per «poter riscattare la sua immagine: Fossó per settimane è stata una zona industriale con l’asfalto bagnato dal sangue» di Giulia Cecchettin. Anche il Comune di Vigonovo, dove viveva la studentessa uccisa dall’ex fidanzato, invoca un danno morale e d’immagine per «il fervore mediatico di questo terribile femminicidio» e di una cittadina descritta «come una sorta di farwest delinquenziale». E per questo la cifra “simbolica” è di 15mila euro da impiegare per il contrasto alla violenza di genere. Costituzioni di parti civili a cui si è opposta in parte la difesa.

«Credo che un caso di questo tipo, tragico, che ha interessato i prossimi congiunti di Giulia Cecchettin, debba aiutare la nostra comunità a capire che Turetta merita una pena e non un processo mediatico, e che Filippo Turetta non debba diventare il vessillo di una battaglia culturale contro la battaglia di genere», è stato uno dei passaggi con l’avvocato Giovanni Caruso, si è opposto alla costituzione di associazioni ed enti come parti civili nel processo.