L'eruzione del Vesuvio, avvenuta il 24 ottobre del 79 dC, non lasciò scampo agli abitanti. Due donne e tre ragazzi avrebbero trovato rifugio in una camera da letto che si trasformò poco dopo, nella loro tomba
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È recente la scoperta fatta tramite gli scavi nella Regio V di Pompei, grazie a quali sono stati ritrovati nella casa del Giardino, ora ribattezzata la casa dell’Iscrizione, cinque scheletri. Il cambiamento di nome è avvenuto qualche giorno fa, dopo il ritrovamento di un'iscrizione che sembra aver cambiato la data dell'eruzione del Vesuvio (spostandola di due mesi), avvenuta a Pompei nel primo pomeriggio del 24 ottobre del 79 dopo Cristo. «Con tutta probabilità, - spiega all'Ansa il direttore del Parco Archeologico Massimo Osanna, - si tratta dei resti di due donne e di tre ragazzi, un ritrovamento di straordinario interesse sia per le dinamiche eruttive sia per la documentazione degli scavi in età moderna».
Una stanza per salvarsi
Una storia scioccante e drammatica che rimanda a cinque persone che avevano cercato rifugio in una sorta di piccola stanza da letto (insieme agli scheletri sono stati ritrovati anche i resti di un letto o di un grande divano) affacciata sull'atrio, l'unica stanza della casa rimasta integra, con il tetto ancora al suo posto mentre tutto intorno era uno sfacelo di crolli. «La cenere cadeva su Pompei ormai da 18 lunghe ore - ricostruisce Osanna - i lapilli avevano invaso qualunque cosa, avevano sfondato i tetti, riempito le strade, anche il Vicolo dei Balconi sul quale si affacciava l'abitazione. Una fuga a quel punto doveva apparire impensabile. Per loro senz'altro, visto che il portone d'ingresso era bloccato e l'atrio riempito di cenere, aggiunge. Per cui quella piccola stanza deve essere apparsa alle due donne come l'ultima possibilità di salvezza. Chissà, forse ancora speravano che la furia degli elementi potesse finalmente placarsi. Quel luogo doveva sembrare loro sicuro - fa notare l'archeologo. Per cercare di sigillare la porta, le due donne le hanno messo davanti anche un mobile, forse per frenare la spinta della cenere».
I tombaroli
Osanna spiega: «Il gruppetto deve aver trovato una fine orribile. Sono morti schiacciati dal crollo del tetto, che alla fine ha ceduto, o bruciati dalla nube piroplastica, la nuvola di fuoco e gas che è arrivata alla fine, chissà forse una concomitanza di entrambe le cose. Gli esami consentiranno ora di chiarire com'è andata. Ma intanto il ritrovamento porta con sé altri elementi importanti per la storia degli studi. Una moneta di Filippo d'Asburgo risalente agli anni '30 del Seicento e ritrovata vicino ai resti umani testimonia gli scavi clandestini avvenuti in quella zona ben prima del 1748, la data ufficiale dell'inizio degli scavi di Pompei. Scavi clandestini devastanti - riferisce il direttore del Parco - fatti per razziare tutti gli oggetti di valore, senza attenzione per gli scheletri, che sono stati in parte rimossi e smembrati». Una sorta di tombaroli ante litteram, insomma, che avevano scavato un tunnel nella cenere indurita e una volta all'interno della stanza hanno divelto e portato via tutto quello che hanno potuto, lasciando addosso agli scheletri solo due collanine in pasta vitrea.
«Una scena da togliere il fiato»
«Lo scempio non è arrivato però davanti alla porta della stanza, dove alcuni resti umani - dice Osanna - sono stati ritrovati intatti, la testa di una donna schiacciata dalle tegole e a fianco i resti di un braccio e delle gambe di una altra vittima, mentre in un angolo affiora una mano ancora con i suoi due anelli, uno in argento e l'altro in ferro. A duemila anni di distanza, una scena che ancora toglie il fiato».