Il diplomatico Boris Bondarev rappresenta la Russia alle Nazioni Unite da vent'anni: «Disapprovo profondamente quello che il mio governo sta facendo e ha fatto da febbraio»
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«Non mi sono mai vergognato così tanto del mio Paese». Da vent'anni, Boris Bondarev lavora per la diplomazia russa. E dice di averne viste tante. Ma è adesso che ha deciso di non poterne più.
Perché, ha scritto in una dichiarazione in cui annuncia le sue dimissioni dall'incarico di consigliere della missione russa alle Nazioni Unite a Ginevra, che ricopriva dal 2019, «la guerra aggressiva scatenata da Putin contro l'Ucraina, e di fatto contro l'intero mondo occidentale, non è solo un crimine contro il popolo ucraino, ma anche il crimine forse più grave contro il popolo russo». Un'invasione, ha accusato, decisa da un gruppo dirigente «che vuole solo una cosa, restare al potere per sempre».
Il motivo delle dimissioni, ha chiarito il diplomatico, «è che disapprovo profondamente quello che il mio governo sta facendo e ha fatto da febbraio, e non voglio più essere associato» alle sue azioni. Ma questa posizione, ha ammesso alla Bbc, al momento resta minoritaria. «Penso che la maggior parte delle persone segua la propaganda e quello che i superiori dicono loro. Quando lavori al ministero lavori all'interno di una gerarchia, quindi devi obbedire a quello che ti dicono i superiori. E per molti anni - ha detto - qualsiasi approccio critico è stato cancellato».
Quella di Bondarev è la defezione di più alto livello nella diplomazia di Mosca dall'inizio del conflitto. Una scelta che apre una crepa nel granitico muro della narrativa russa sul conflitto e rischia di costargli cara. «Credo che mi considerino già un traditore», ha spiegato. «Mi dispiace ammettere che in tutti questi vent'anni il livello di menzogne e la mancanza di professionalità nel lavoro del ministero degli Esteri sono cresciuti costantemente», ha quindi denunciato il diplomatico, secondo cui vengono diffusi «cliché di propaganda nello spirito dei giornali sovietici degli anni Trenta» e «il ministro Lavrov è un buon esempio di questa deriva».