Hollywood non è ancora ripartita. Dopo gli scioperi di sceneggiatori e attori, che hanno bloccato le produzioni per sei mesi nel 2023, il settore registra la più drammatica contrazione degli ultimi 30 anni.

Il produttore Michele Greco tenta una spiegazione: «Girare a Hollywood ormai è un salasso: tra le paghe della troupe e gli affitti di materiali, macchinari, location e teatri, un giorno di riprese a LA costa quasi il doppio che in Georgia», dice questo romano di 55 anni, che da due decenni fa base a Los Angeles.

La California offre 330 milioni di dollari all'anno di tax credit: New York ne mette 700 e la Georgia non ha limite. Per non parlare dei paesi stranieri, dal Regno Unito alla Nuova Zelanda, dall'Ungheria al Canada, che offrono incentivi fiscali vantaggiosi e stipendi molto più bassi per le troupe.

«Dopo mesi di stanca, ho cominciato una serie prodotta da una major - racconta sollevata Susie Mancini, 39 anni, arrivata da Milano nel 2007 e oggi scenografa con una candidatura agli Emmy in tasca - Mi trovo a lavorare con gente che ha fatto una decina di film da Oscar, che da mesi è senza impiego e deve accettare paghe o mansioni ridotte».

«Gli Studios hanno finito i soldi, devono tagliare e tagliare - è la lettura di Greco - Hanno approfittato dello sciopero per rescindere senza penale alcuni contratti onerosi e chiudere progetti poco remunerativi. Se prima producevano 10 ora producono 5». Nel 2024 usciranno 90 film, contro i 100 del 2023.

Le serie prodotte saranno circa 300, rispetto alle 481 del 2023 e alle 633 del 2022 (dati di Ampere Analysis). Ai conti in rosso, contribuiscono anche la fuga degli spettatori dai cinema (secondo le previsioni, gli incassi del 2024 in Nordamerica saranno pari a 8 miliardi di dollari, - 10% sul 2023 e - 30% sul 2019) e il calo degli abbonamenti alle piattaforme dopo il picco del lockdown.

«È cambiato tutto. Non si torna indietro. Le major ormai devono compiacere la Borsa più che produrre buon cinema», ne è convinto Walter Volpatto, torinese, classe 1971, da 20 anni a Hollywood. Ha firmato la color correction di film del calibro di Star Wars: Gli ultimi Jedi, Dunkirk, Green Book e, recentemente, Megalopolis di Francis Ford Coppola.