La giovane faceva parte di un gruppo di quattro ragazze di diverse regioni d'Italia che avevano intrapreso il cosiddetto percorso della "Blue Whale", un gioco la cui esistenza non è certa, ma che termina con l'obbligo, per i partecipanti, di togliersi la vita
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Sulla veridicità della catena di fenomeni legati al cosiddetto gioco della Blue Whale si dibatte ormai da anni, ma ciò che è certo è che il gioco – che si tratti o no di una leggenda metropolitana – sta spingendo decine di ragazzi in tutto il mondo a farsi del male o, a mettersi a situazioni di estremo rischio e, nei casi più gravi, a togliersi la vita.
Ed è proprio quello che stava cercando di fare una tredicenne della provincia di Bari, che sarebbe stata coinvolta nel "gioco mortale" insieme con ad quattro minorenni, di altre regioni d'Italia. Lo ha scoperto la Polizia di Stato, coordinata dalla Procura minorile di Bari, che ha ricostruito la vicenda, riuscendo a salvare la 13enne, che era già arrivata a un livello avanzato del gioco, prima che si togliesse la vita. È emerso che la ragazza era arrivata ad un livello già molto avanzato del gioco, al termine del quale è previsto il suicidio. In chat sono state scoperte foto allusive e lettere di addio per i familiari.
Le indagini sono cominciate dopo la segnalazione alla polizia da parte di alcune amiche della ragazza. I poliziotti, dopo aver informato i genitori, hanno ascoltato la ragazza e accertato che da qualche mese trascorreva molto tempo al telefono cellulare, non usciva, si attardava ad andare a dormire ed era diventata particolarmente taciturna. La mamma, qualche giorno prima dell'intervento della Polizia, aveva notato alcuni segni sulle braccia della figlia che però aveva addebitato ai graffi del gatto di famiglia. Lei stessa, poi, ha ammesso di essersi procurata i tagli con la lametta di un rasoio e di aver inviato le immagini dei gesti autolesivi ad un'amica di scuola. Le indagini si sono avvalse anche di verifiche tecniche sul suo telefono cellulare, che hanno consentito di risalire all'elenco dei partecipanti ai gruppi WhatsApp e, con il coordinamento del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, sono state interessate le Questure di Marche, Campania, Emilia Romagna, Sardegna, Abruzzo, Lombardia, Calabria, Puglia, Lazio, Toscana, Basilicata, Piemonte e Veneto, le quali hanno poi proceduto all'ascolto dei minorenni ed all'escussione dei loro genitori, appurando che altre quattro giovanissime ragazze erano inserite pienamente nel gioco ad un livello avanzato.