«Sulla base della normativa vigente, la privacy non è d'ostacolo alla pubblicità dei dati relativi ai beneficiari del contributo laddove, come in questo caso, da ciò non possa evincersi, in particolare, una condizione di disagio economico-sociale dell'interessato». Lo afferma il Garante per la protezione dei dati personali, in relazione alla vicenda del bonus Covid.

«Ciò vale, a maggior ragione - si legge ancora nella nota del Garante - rispetto a coloro per i quali, a causa della funzione pubblica svolta, le aspettative di riservatezza si affievoliscono, anche per effetto dei più incisivi obblighi di pubblicità della condizione patrimoniale cui sono soggetti».

 

La posizione ufficiale dell’Autorità a tutela dei dai personali potrebbe innescare una valanga di proporzioni nazionali, che rischia di travolgere migliaia di politici lungo tutto lo Stivale, visto che sono circa duemila, secondo una prima stima, i presidenti, sindaci, assessori, consiglieri comunali e regionali che avrebbero chiesto e ottenuto il bonus Iva di 600 euro, poi innalzato a 1.000.
Nella bufera si ritrovano per ora solo due parlamentari della Lega, tra cui Elena Murelli, che alcune settimane fa aveva duramente attaccato la maggioranza di governo in relazione alla gestione dell’emergenza covid, definendo l’aiuto per i possessori delle partite Iva un’elemosina. Considerazioni che, a quanto pare, non le avrebbero impedito di fruire del beneficio.

 

Il Garante della privacy ha infine precisato che «sarà aperta una istruttoria in ordine alla metodologia seguita dall'Inps rispetto al trattamento dei dati dei beneficiari e alle notizie al riguardo diffuse».