Smontato l'impianto accusatorio. Il procuratore di Verbania: «Indagine va avanti, manca il motivo per cui la fune si è rotta» (ASCOLTA L'AUDIO)
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Il gestore dell'impianto della funivia del Mottarone Luigi Nerini e il direttore di esercizio Enrico Perocchio lasciano il carcere di Verbania il cui ingresso aveva visto chiudersi alle loro spalle all’alba di martedì scorso, 48 ore dopo che la cabina precipitata sulla montagna che si affaccia sul Lago Maggiore ha causato la morte di 14 persone.
Va agli arresti domiciliari il capo servizio Gabriele Tadini che ha ammesso di aver manomesso il sistema di frenata di sicurezza. Lo ha deciso il gip Donatella Banci Buonamici al termine di una giornata di interrogatori. Per Tadini sono sufficienti i domiciliari, mentre nei confronti degli altri due indagati - tirati in ballo dal capo servizio - non sussisterebbe i gravi indizi necessari per una misura cautelare.
Tadini ha lasciato il carcere di Verbania dopo mezzanotte, per raggiungere la sua abitazione in provincia di Novara dove trascorrerà gli arresti domiciliari. Felpa rossa della funivia, una busta nera con i pochi effetti personali, ha raggiunto a testa bassa la macchina del suo avvocato ed è andato via. Tadini non può comunicare con gli estranei.
Anche Luigi Nerini, gestore dell’impianto della funivia, ha lasciato il carcere di Verbania dopo che il gip non ha convalidato il fermo. Uscendo, scortato dagli avvocati non ha rilasciato dichiarazioni.
Il gip non ha convalidato il fermo per i tre indagati accusati di omicidio colposo plurimo per le 14 vittime di un incidente innescato dalla rottura della fune trainante (le cui cause sono ancora da accertare) che non avrebbe determinato lo schianto della cabina numero 3 se il sistema del freno di emergenza non fosse stato volontariamente disattivato. Se per Tadini pesano le confessioni sul forchettone - rese ai magistrati - per lui è sufficiente la detenzione domiciliare, mentre Nerini e Perlocchio tornano a casa dopo il fermo scattato all’alba di mercoledì. Contro di loro gli elementi raccolti non risultato sufficientemente gravi per una misura cautelare.
Se Tadini va ai domiciliari, il gestore della funivia non è stato ritenuto responsabile della sicurezza, a dire del giudice che ha accolto la linea difensiva dell’avvocato Pasquale Pantano.
Pm: «No prove contro Nerini e Perocchio, Tadini non creduto»
«Contro Nerini e Perocchio il giudice ha ritenuto le prove non sufficienti ritenendo le parole di Tadini non credibili» ha detto il procuratore capo di Verbania, Olimpia Bossi, commentando la decisione del giudice.
«È una fase cautelare - ha detto ancora -, è una valutazione del giudice, siamo alle fasi iniziali e mi riservo di valutare le motivazioni. Noi continueremo l’attività di indagine, manca pur sempre il motivo per cui la fune si è rotta» ha aggiunto il procuratore di Verbania dopo la decisione del gip Donatella Banci Buonamici. Decisione che di fatto smantella l’impianto accusatorio.
Nerini: «Ora bisogna trovare i responsabili»
«Contento, ora bisogna trovare i responsabili». Sono le parole pronunciate da Luigi Nerini e riferite dal suo difensore Pasquale Pantano. «Con la libertà personale giustizia è fatta, ma non c’è motivo di gioire: ora bisogna fare indagini pesanti e capire cosa è successo. Per noi questo conta».
Perocchio: «Sono disperato per le 14 vittime»
«Sono disperato per le 14 vittime, è una tragedia immane per le persone che sono mancate» afferma l’ingegnere Enrico Perocchio, che ha lasciato il carcere di Verbania dopo il fermo scattato per la tragedia del Mottarone. «Le manutenzioni sono state tutte fatte. Non avrei avvallato quella scelta di lasciare il forchettone, lavoro da 21 anni nel campo degli impianti a fune ed è una cosa da non fare assolutamente».
«Quando la procura mi ha accusato di sapere delle ganasce inserite mi sono sentito morire, non sapevo nulla; se mi fosse caduto l’occhio su quei ganci rossi li avrei fatti rimuovere. In carcere stavo male per la mia famiglia e le vittime» aggiunge Perocchio. Il giorno del disastro «me lo ricorderò per tutta la vita».
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