Nel giugno 2021 aveva ritirato la sua candidatura a sindaco di Varese a causa di gravi problemi di salute
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È morto Roberto Maroni. Aveva 67 anni. È stato segretario della Lega, governatore della Lombardia dal 2013 e 2018 e ministro dell'Interno e del Welfare durante i governi Berusconi. «Questa notte alle ore 4 il nostro caro Bobo ci ha lasciati. A chi gli chiedeva come stava, anche negli ultimi istanti, ha sempre risposto: 'Bene'. Eri così Bobo, un inguaribile ottimista. Sei stato un grande marito, padre e amico». Così la famiglia ha comunicato sulla pagina Facebook di Roberto Maroni la morte dell'ex ministro avvenuta nella casa di Lozza, paese del Varesotto.
Il 30 settembre 2020, in un'intervista alla Prealpina, aveva ufficializzato la sua candidatura a sindaco di Varese, in vista delle elezioni comunali del 2021. Il 6 giugno 2021, tuttavia, aveva annunciato il ritiro della candidatura per gravi problemi di salute.
Roberto Maroni era nato a Varese il 15 marzo 1955. Sposato, due figli, laureato in Giurisprudenza, avvocato, era stato responsabile dell'ufficio legale della sede italiana di una multinazionale statunitense. Tifoso del Milan, Maroni aveva anche la passione per la musica e suonava il sassofono in una band. Considerato il braccio destro di Bossi e il numero due della Lega, Maroni ha fatto parte della Lega Lombarda fin dalla sua fondazione.
Per Maroni, l'incontro nel 1979 con Umberto Bossi cambiò la sua vita: «Se lui è il papà della Lega, io ne sono la mamma», spiegava. E da quel giorno la politica diventò il suo lavoro. Maroni è tra gli 80 leghisti che rappresentarono per la prima volta la Lega in Parlamento nel 1992, poi diventato ministro dell'Interno e vicepresidente del Consiglio nel 1994, ministro del Lavoro nel 2001 e ancora ministro dell'Interno nel 2008 sempre con Silvio Berlusconi presidente del Consiglio, per chiudere infine la sua carriera nelle istituzioni come presidente della Regione Lombardia dal 2013 al 2018.
Aveva annunciato la sua candidatura per diventare sindaco di Varese ma la malattia lo ha costretto a rinunciare un anno fa. Tutta la vita sempre nella Lega, di cui è stato fondatore e segretario con rapporti non sempre facili sia con Umberto Bossi che con Matteo Salvini.
Federalista ma non secessionista, toni moderati ma sempre con grande passione, ascolto dei militanti e ostilità nei confronti di qualsiasi 'cerchio magico' sono state le caratteristiche di un uomo che, anche nella sua ultima intervista al Corriere della Sera, si è definito «un sognatore». Perché oltre ai 'vaffa' del barbaro, il militante leghista secondo lui ha sempre avuto «un sogno, cioè un progetto realizzabile a differenza dell'utopia».