Palazzo Chigi attacca frontalmente le toghe per le due vicende giudiziarie che scuotono Fratelli d’Italia: il ministro del Turismo indagato per falso in bilancio e bancarotta e il sottosegretario alla Giustizia che andrà a processo per rivelazione di segreti d’ufficio. Le opposizioni: «Pericoloso scontro tra poteri dello Stato, Meloni esca allo scoperto»
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Pensavamo di essere ormai fuori dal peggiore berlusconismo, quello delle “toghe rosse” e della “giustizia ad orologeria”, dei lodi Alfano e Schifani e delle leggi ad personam per salvare le aziende ed evitare i processi. Ci eravamo chiesti, dopo la scomparsa del leader di Forza Italia, quale sarebbe stata la sua eredità. Che sia forse questa, la Giustizia? La riforma che vuole bloccare le intercettazioni e abolire il reato di abuso d’ufficio, che il Guardasigilli Nordio si «dispiace che Berlusconi non possa vedere realizzata»?
La serie di coincidenze sul tema che proprio nel giorno dell’apertura del testamento di Silvio Berlusconi si è abbattuta sul Governo farebbe quasi ridere se non si trattasse di ministri e sottosegretari indagati o a processo. Sono due.
Il caso Santanchè
Una è Daniela Santanchè, ministro del Turismo indagata insieme a sorella, compagno ed ex soci, di bancarotta fraudolenta e falso in bilancio. Un’inchiesta di Report andata in onda due settimane fa aveva rivelato che Santanchè avrebbe intascato falsi rimborsi Covid, licenziato dipendenti lasciandoli senza Tfr mentre intascava i dividendi dalle sue aziende Visibilia e Ki Group e fatto lavorare dipendenti in cassa integrazione a zero ore, cioè dipendenti che non possono lavorare e sono pagati interamente dall’Inps.
La ministra-imprenditrice si era difesa mercoledì in Senato giurando di non avere ricevuto nessun avviso di garanzia e snocciolando tutti i cliché che di solito formano le difese che non difendono: «Sono oggetto di una campagna di vero e proprio odio», «è una classica imboscata della stampa per colpire un ministro del governo», «sono pratiche sporche e schifose», «sono fiera di aver dato lavoro a tante persone».
Santanchè era in realtà già indagata dalla Procura di Milano anche se l’iscrizione era rimasta, come consente la legge per specifiche esigenze di indagine, per i primi tre mesi.
Il Ministero della Giustizia fa sapere che la vicenda rende ancora più urgente la riforma dell’iscrizione nel registro degli indagati e in una nota scrive: «Manifestiamo, ancora una volta, lo sconcerto e il disagio per l’ennesima comunicazione a mezzo stampa di un atto che dovrebbe rimanere riservato. La riforma proposta mira ad eliminare questa anomalia tutelando l’onore di ogni cittadino presunto innocente sino a condanna definitiva». L’attacco è, questa volta, solo alla stampa, mentre Meloni è rimasta in silenzio.
Una nuova tegola: la vicenda Delmastro
Ma l’occasione per innescare lo scontro tra Governo e magistratura stava per arrivare ed è la notizia dell'imputazione coatta di un altro esponente di primo piano di Fratelli d’Italia.
L’altra tegola di Meloni è proprio lui, Andrea Delmastro, sottosegretario alla Giustizia, indagato per rivelazione di segreto d’ufficio dopo aver passato al compagno di partito e coinquilino Giovanni Donzelli la documentazione secretata sulle conversazioni in carcere tra l’anarchico al 41 bis Alfredo Cospito con esponenti di Camorra e ‘Ndrangheta. L’amico Donzelli aveva fatto di quei segreti il centro di un agguerrito discorso alla Camera. La Procura aveva chiesto l'archiviazione per Delmastro ritenendo che la violazione ci fosse stata, ma che il sottosegretario alla Giustizia ignorasse che si trattasse di informazioni secretate. Oggi il gip ha respinto l’archiviazione, disponendo l’imputazione coatta di Delmastro.
«L’imputazione coatta nei confronti dell’On. Delmastro dimostra l’irrazionalità del nostro sistema» fanno sapere “fonti del Ministero della Giustizia” in una nota ufficiale «laddove l’accusa chiederà una condanna non farà altro che contraddire sé stessa. La grandissima parte delle imputazioni coatte si conclude con assoluzioni dopo processi lunghi e dolorosi quanto inutili, con grande spreco di risorse umane ed economiche anche per le necessarie attività difensive. Per questo è necessaria una riforma radicale che attui pienamente il sistema accusatorio».
Alla notizia del secondo guaio giudiziario in seno a FdI, Palazzo Chigi rompe il silenzio e si scaglia contro la magistratura che «fa campagna elettorale per le elezioni europee». È una nota della Presidenza del Consiglio, non firmata dalla premier Meloni, ma, ancora, da “fonti interne”, a scatenare, se ancora ce ne fosse bisogno, questa guerra da seconda repubblica.
«In un processo di parti non è consueto che la parte pubblica chieda l’archiviazione e il gip imponga che si avvii il giudizio. In un procedimento in cui gli atti di indagine sono secretati è fuori legge che si apprenda di essere indagati dai giornali, curiosamente nel giorno in cui si è chiamati a riferire in Parlamento, dopo aver chiesto informazioni all’autorità giudiziaria».
La nota di Palazzo Chigi mette insieme le vicende Delmastro e Santanchè e attacca apertamente le toghe: «Quando questo interessa due esponenti del Governo in carica è lecito domandarsi se una fascia della magistratura abbia scelto di svolgere un ruolo attivo di opposizione e abbia deciso di iniziare anzitempo la campagna elettorale per le elezioni europee».
Le reazioni dell'opposizione
Attacchi inaccettabili, secondo il segretario del Pd Schlein: «Palazzo Chigi alimenta un pericoloso scontro tra poteri dello Stato, diffondendo una nota con toni intimidatori nei confronti della magistratura. A questo punto è inevitabile che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni esca dal suo silenzio e si assuma le sue responsabilità».
«Sarebbe bene che la premier Meloni rendesse nota la sua posizione rispetto ad affermazioni uscite in forma anonima in prossimità dell’inizio del Consiglio dei Ministri» dicono i capigruppo democratici di Camera e Senato Chiara Braga e Francesco Boccia. «La destra vuole aprire uno scontro pericoloso e irresponsabile tra poteri dello Stato che ci riporta ad anni difficili, lo scontro istituzionale assume un livello di gravità preoccupante».
Anche il presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte, parla di «attacco vergognoso alla magistratura», mentre Azione e Italia Viva si sono divisi anche su questo, con Calenda che appoggia la richiesta di dimissioni per Santanchè sotenuta da tutte le opposizioni e il solito Renzi che si sfila. «Noi saremo garantisti con FdI come FdI non lo è stata con noi» avrebbero detto fonti interne a Italia Viva.