Su 464 trefoli, nel reperto 132, la sommità della pila 9 che cedendo avrebbe causato il crollo del Morandi, solo cinque erano perfettamente integri. Gli altri avevano diversi gradi di corrosione.

È quanto emerso nel corso dell'incidente probatorio sulle cause del crollo del viadotto (14 agosto 2018, 43 morti), ripreso ieri. Le udienze erano state sospese per 15 giorni per consentire ai consulenti dei 71 indagati di studiare il software usato dai periti del gip per calcolare la capacità di tiraggio dei cavi degli stralli.

Mancate manutenzioni

Già nella prima perizia, quella che fotografava lo stato del viadotto al momento della tragedia, era emerso che il 68% dei trefoli del gruppo primario (quello che garantisce la stabilità dell'infrastruttura) e l'85% di quelli secondari avevano una riduzione di sezione tra il 50 e il 100 per cento. Una corrosione dovuta ai difetti di esecuzione del progetto. Con le dovute manutenzioni, secondo i periti, il Morandi non sarebbe crollato.

Il crollo del Morandi

Nell'udienza periti hanno illustrato il momento del collasso attraverso l'analisi del video della ditta Ferrometal e si è anche parlato dei fattori esterni: dal temporale, al vento di quel giorno fino al coil trasportato dal tir. Secondo i super esperti a cedere per primo è stato lo strallo, ovvero uno dei tiranti, lato mare/levante della pila nove. L'udienza proseguirà oggi e sabato.

Le accuse di omicidio colposo plurimo

Dopo l'esposizione degli esperti del giudice i legali degli indagati potranno chiedere chiarimenti. Le persone indagate, tra ex vertici di Aspi e dirigenti di Spea e del ministero, sono accusate a vario titolo di omicidio colposo plurimo, crollo doloso, falso, attentato alla sicurezza dei trasporti.