«Emerse che il ponte aveva un difetto originario di progettazione e che era a rischio crollo. Chiesi se ci fosse qualcuno che certificasse la sicurezza e Riccardo Mollo mi rispose "ce la autocertifichiamo". Non dissi nulla e mi preoccupai. Era semplice: o si chiudeva o te lo certificava un esterno. Non ho fatto nulla, ed è il mio grande rammarico». Lo ha detto Gianni Mion ex Ad della holding dei Benetton Edizione, ex consigliere di amministrazione di Aspi e della sua ex controllante, Atlantia, al processo per il crollo del Ponte Morandi che nel 2018 causò la morte di 43 persone. 

Mion lo ha detto riferendosi ad una riunione del 2010, ovvero otto anni prima del crollo, a cui parteciparono l'Ad di Aspi Giovanni Castellucci, il direttore generale Riccardo Mollo, Gilberto Benetton, il collegio sindacale di Atlantia e, secondo il ricordo del manager, tecnici e dirigenti di Spea. Dopo queste frasi, l'avvocato Giorgio Perroni, che difende l'ex direttore del Primo tronco di Autostrade, Riccardo Rigacci, ha chiesto di sospendere l'esame di Gianni Mion e di indagarlo. Rigacci è indagato insieme ad altre 58 persone. L'esame di Mion è andato avanti e i giudici hanno detto che si riservano sulla richiesta avanzata da Perroni. 

Mion, ebbi la sensazione che nessuno controllasse nulla. Il sistema di controllo era al collasso, il ministero non c'era . «Fu fatto un errore da parte di Aspi quando acquistò Spea, la società doveva stare in ambito Anas o del ministero, doveva rimanere pubblica. Il controllore non poteva essere del controllato». Lo ha detto Gianni Mion all'audizione al processo per il crollo del Morandi riferendosi ai controlli. Dopo le intercettazioni e il crollo nella galleria Bertè (A26, il 30 dicembre 2019, ndr), ha aggiunto, «avevo la sensazione che nessuno controllasse nulla. La mia idea è che c'era un collasso del sistema di controllo interno e esterno, del ministero non c'era traccia. La mia opinione, leggendo ciò che emergeva, è che nessuno controllasse nulla».

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In aula Roberto Tomasi, attuale amministratore delegato di Autostrade, sentito come teste nel corso del processo, ha detto: «Nel 2020 abbiamo visto un incremento dei coefficienti di rischio anche di oltre il 200% rispetto a quelli rilevati da Spea mentre nel 2019 era del 50%». Spea era la società controllata da Aspi che si occupava della sorveglianza. Tomasi ha parlato del cambio di passo di Aspi dopo il suo arrivo come amministratore delegato e direttore generale di Aspi.

«Dall'inizio del mio mandato, nel febbraio 2019, come Ad del gruppo Aspi, ho messo tutto il mio impegno per attuare un grande piano di trasformazione aziendale, rinnovando il management e cambiando radicalmente le modalità di monitoraggio e manutenzione della infrastruttura, anche grazie all'adeguamento delle normative che ci ha consentito di rafforzare la nostra azione. Attualmente il piano prosegue a pieno regime su tutta la rete nazionale. Il cambio di passo aziendale è un elemento riconosciuto anche in questa sede». 

«Il livello di degrado della rete era sostanzialmente peggiore di quanto era emerso da ispezioni di Spea. Nel 2019 si era partiti con la verifica di 33 opere con due società esterne poi si è passati a 66. Ma vedendo la non omogeneità dei punteggi abbiamo esteso i controlli a tutta la rete».

Con l'arrivo di Tomasi come amministratore delegato e direttore generale di Aspi aumentarono i lavori di manutenzione sulla rete autostradale. "Sulle attività di ammodernamento e manutenzione investimmo molto, in particolare il capitolo su gallerie e viadotti», ha sottolineato nel corso del suo esame. Il pubblico ministero ha mostrato in aula le slide che l'ad aveva portato nel corso delle indagini e che mostravano un incremento da 264 a 769 milioni tra il 2017 e il 2021, tra quota base e piano straordinario. Quest'ultimo comprende anche il restyling di gallerie e ponti. Tomasi ha spiegato come, dopo l'esautoramento di Spea e l'affidamento delle ispezioni a società esterne, siano stati «trovati in tutta la rete 27 mila difetti, con diverse gradazioni di gravità, non segnalati da Spea, 6 mila nelle sole gallerie della Liguria. La ritenemmo poco affidabile». 

Il comitato vittime del ponte Morandi: come ha fatto Mion a rimanere zitto?
«Mi chiedo come si possa stare zitti quando si hanno tra le mani informazioni di gravità come questa e come certe persone possano dormire sonni tranquilli». Egle Possetti, presidente del comitato ricordo vittime del ponte Morandi, commenta così le parole di Gianni Mion, l'ex Ad della holding dei Benetton, Edizione, che oggi in aula ha ammesso di essere stato a conoscenza del rischio crollo del ponte sin dal 2010. «Se fossi stata al suo posto e avessi saputo lo stato delle infrastrutture non sarei stata zitta e avrei fatto il diavolo a quattro e avrei anche fatto in modo che il problema emergesse. Speriamo che qualcuno paghi».