Il 24 agosto 2016, alle ore 3.36, con un terremoto di magnitudo 6.0 nei pressi di Amatrice prendeva il via una delle più importanti sequenze sismiche che ha colpito il territorio nazionale in questo secolo, 140 comuni e circa 600mila persone coinvolte, oltre 300 morti. A distanza di 5 anni il presidente dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), Carlo Doglioni, fotografa lo stato dell'arte nello studio dei terremoti in Italia. «È importante ricordare i terremoti - spiega Doglioni - perché il nostro cervello tende invece a voler rimuovere il ricordo delle tragedie, mentre invece la memoria di questi eventi terribili ci aiuta a porre in essere tutte le possibili strategie difensive dagli eventi futuri che inevitabilmente torneranno».

Secondo il presidente Ingv, le armi a nostra disposizione sono due: migliorare le conoscenze scientifiche e diffondere la cultura della prevenzione. In Italia si registrano in media 20-25 terremoti distruttivi al secolo, quindi secondo la statistica è ragionevole attendersi un evento ogni 4-5 anni.

«Non siamo in grado di prevedere dove e quando sarà il prossimo evento sismico per la sola ragione che ancora non conosciamo sufficientemente tutti i parametri e le condizioni fisiche che portano all'enucleazione di un terremoto. Sappiamo, però, che questo obiettivo è possibile: si tratta di studiare e misurare capillarmente tutto quello che la Terra ci permette di misurare: variazioni della sismicità, delle falde acquifere, delle modificazioni nel sottosuolo della velocità delle onde sismiche, delle variazioni delle velocità tra le stazioni Gps e altro ancora». Per questo, prosegue Doglioni, si sta investendo molto in reti di monitoraggio che, grazie anche all'intelligenza artificiale e l'utilizzo di grandi sistemi di calcolo, ci permetteranno forse di avere col tempo stime previsionali affidabili.

«Le reti di monitoraggio - aggiunge il presidente Ingv - sono le infrastrutture di ricerca che rappresentano i nostri 'telescopi' puntati verso il centro della Terra e che ci consentono di osservare il suo comportamento. Per me - conclude - l'evento di Amatrice è stato una frustata dolorosa dal punto di vista umano ma, come scienziato, uno stimolo forte per studiare con sempre maggiore determinazione l'origine dei terremoti».