Il 32enne morì sei giorni dopo l’arresto per detenzione di droga. Ai militari dell’Arma sono contestati i reati di falso, favoreggiamento, omessa denuncia e calunnia
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Falso, favoreggiamento, omessa denuncia e calunnia: sono questi i reati contestati, a seconda delle singole posizioni, a otto militari dell'Arma, coinvolti nell'inchiesta bis sui depistaggi legati al pestaggio di Stefano Cucchi, il geometra di 32 anni morto il 22 ottobre del 2009 all'ospedale Sandro Pertini, sei giorni dopo essere stato arrestato dai carabinieri per detenzione di droga. L'avviso di conclusione delle indagini, atto che precede solitamente la richiesta di rinvio a giudizio, riguarda tra gli altri il generale Alessandro Casarsa, all'epoca dei fatti comandante del Gruppo Roma, e il colonnello Lorenzo Sabatino, già responsabile del reparto operativo. Il 415 bis è firmato dal pm Giovanni Musarò e dal procuratore Giuseppèe Pignatone.
Tra gli altri carabinieri che sono a rischio processo figurano Francesco Cavallo, già tenente colonnello nonché a suo tempo ufficiale addetto al comando del gruppo Roma, Luciano Soligo, all'epoca dei fatti maggiore e comandante della Compagnia di Montesacro, da cui dipendeva il comando di Tor Sapienza (dove Cucchi venne portato dopo essere stato picchiato al Casilino), Massimiliano Colombo Labriola, luogotenente e comandante di Tor Sapienza, Francesco Di Sano, carabiniere scelto in servizio presso Tor Sapienza, il capitano Tiziano Testarmata, già comandante del nucleo investigativo, e Luca De Cianni, militare autore di una nota di pg.
Casarsa, Cavallo, Colombo Labriola, Di Sano e Soligo sono accusati dalla procura di concorso nel reato di falso. Sabatino e Testarmata, invece, rispondono di omessa denuncia, mentre Testarmata ha anche l'accusa di favoreggiamento. A De Cianni sono attribuiti il falso e la calunnia.