Chiede il licenziamento dell'ex primario di Ginecologia Saverio Tateo la commissione dell'azienda sanitaria di Trento, al termine dell’istruttoria scaturita dalla scomparsa di Sara Pedri, la ginecologa 31enne di Forlì scomparsa il 4 marzo scorso in Trentino, dopo essersi dimessa dall’ospedale Santa Chiara.  

Un caso su cui si sta tentando ancora di fare luce e che ha sollevato molte ombre sul reparto nel quale il giovane medico aveva cominciato a prestare servizio dopo la specializzazione all’Università di Catanzaro. Ombre legate alle dichiarazioni di familiari e conoscenti di Sara ma anche a quelle di altri dipendenti del reparto riguardo alle condizioni di lavoro, tanto che un’informativa dei Nas ha chiesto alla Procura di indagare il primario e la sua collaboratrice per maltrattamenti.

Il dramma di Sara Pedri comincia proprio quando dalla Calabria si trasferisce in Trentino, dove aveva vinto un concorso. Ma, dopo la gioia per il traguardo raggiunto, arriva subito il malessere che la accompagnerà fino alla sua scomparsa. I familiari parlano di peggioramenti nelle sue condizioni fisiche e psichiche: aveva perso peso e non era più la ragazza sorridente di un tempo.

«L'esperienza a Trento doveva essere formativa ma purtroppo ha generato in me un profondo stato d'ansia a causa della quale sono completamente bloccata», aveva scritto in una lettera trovata dai carabinieri nella sua abitazione di Cles. E ancora: «I risultati ottenuti sono solo terrore. Sono stata addirittura chiamata a colloquio perché ho perso troppo peso». 

La stessa specializzazione nell’ateneo catanzarese, secondo quanto emerge da alcune conversazioni telefoniche al vaglio della Procura, era motivo di dileggio nei suoi confronti: «Mi dicono che sono una terroncella da raddrizzare», è scritto in un messaggio inviato a un amico.

«A furia di puntarle il dito contro, Sara era arrivata a colpevolizzarsi e addirittura a mettere in dubbio la sua preparazione professionale che invece era stata ampiamente riconosciuta ed apprezzata proprio dai professori dell'ateneo calabrese», racconta la sorella Emanuela.

E Sara, a quanto pare, non era l’unica a vivere male il lavoro in reparto. Nella loro infromativa alla Procura di Trento, i Nas parlano di altri tredici camici bianchi vittime di maltrattamenti da parte del primario Tateo e della sua collaboratrice Liliana Mereu, già a partire dal 2018.

La difesa di Tateo, rappresentata dall’avvocato Vincenzo Ferrante, dal canto suo riferisce al quotidiano l'Adige che «alle contestazioni mosse al dottor Tateo abbiamo risposto punto per punto depositando un'ampia documentazione che dimostra la piena legittimità delle decisioni prese nella gestione dell'Unità operativa». Aggiunge il legale: «Mi verrebbe da dire che in questa vicenda il perseguitato è Tateo».