Il primo ministro inglese non ha retto l’urto di dimissioni a raffica nel suo governo e alla fine ha dovuto capitolare nonostante avesse detto poche ore fa di non volersi dimettere
Tutti gli articoli di Italia Mondo
PHOTO
Boris Johnson ha annunciato formalmente le sue dimissioni da leader del Partito Conservatore britannico, forza di maggioranza in Parlamento, in un discorso alla nazione.
Il premier - travolto alla fine dai contraccolpi degli ultimi scandali e da una raffica di dimissioni in seno alla sua compagine - intende comunque restare capo del governo fino all'elezione di un successore alla guida dei Tories prevista per ottobre, visti i tempi imposti dal recesso parlamentare estivo che inizia fra due settimane.
«Lascio ma non avrei voluto farlo», ha detto Johnson annunciando alla nazione le sue dimissioni da leader Tory. «Quando il gregge si muove - ha tuttavia aggiunto - si uniscono tutti. Nessuno è indispensabile: il nostro sistema darwiniano riuscirà a trovare un nuovo leader a cui darò tutto il mio sostegno». Johnson ha quindi ringraziato il popolo britannico, ricordando il consenso ricevuto alle elezioni del 2019 con la più grande maggioranza assegnata al Partito Conservatore sotto la sua leadership dal 1987 e la più grande percentuale di voti dal 1978. Un mandato colossale nelle sue parole, che lo ha spinto - si è giustificato - a cercare di restare premier fino all'ultimo considerandolo «un obbligo». Detto questo ha ribadito che «in politica nessuno è lontanamente indispensabile». Quindi ha concluso ironizzando su coloro che «saranno sollevati» per la sua uscita di scena. Non senza dirsi «triste» di dover lasciare «il miglior lavoro del mondo», e tuttavia convinto che il Regno Unito abbia di fronte un futuro prospero, «un futuro d'oro».
Johnson si è detto «immensamente orgoglioso» di aver portato a compimento la Brexit nei suoi tre anni a capo del governo. Ha inoltre rivendicato tra i suoi meriti quello di aver fatto uscire il Paese dalle restrizioni Covid per primo in Europa, di aver portato a casa un anno di crescita economica e il record assoluto di occupazione nel Regno.
L’addio di Johnson giunge dopo una raffica di dimissioni di ministri negli ultimi giorni. Questa mattina è stato il turno del responsabile del dicastero per l'Irlanda del Nord, Brandon Lewis, secondo il quale l'esecutivo colpito dallo scandalo è ormai «oltre il punto di non ritorno». «Non posso sacrificare la mia integrità personale per difendere le cose come stanno adesso», ha detto Lewis, aggiungendo che il partito conservatore al potere e il Paese «meritano di meglio».
Ieri Johnson aveva risposto picche, secondo indiscrezioni unanimi dei media, alla sollecitazione di parte dei suoi ministri a gettare la spugna alla luce dei contraccolpi dello scandalo Pincher e dell'ondata di dimissioni nella compagine Tory.