Arriva il via libera della Cassazione al referendum per l’abrigazione totale della legge sull’Autonomia differenziata. La decisione è contenuta nelle ventotto pagine, firmate dalla presidente Rosa Maria Di Virgilio. Dopo la pronuncia interlocutoria dello scorso 3 dicembre, l’Ufficio centrale per il referendum della Cassazione, come anticipato da Repubblica, nell’ordinanza conferma la richiesta di abrogare totalmente l’Autonomia differenziata è pienamente legittimata. Il Dl Calderoli è ancora in vita, nonostante il pesante intervento demolitorio dei giudici della Consulta.

Cade invece il quesito presentato dai consigli regionali che puntavano all’abrogazione parziale; in quanto la Corte Costituzionale ha provveduto sostanzialmente a demolire i punti indicati. «Il quesito di abrogazione totale» della legge Calderoli sull’Autonomia differenziata «deve avere corso pur dopo la pronuncia numero 192/2024 della Corte Costituzionale», scrive dunque l’ufficio della Cassazione, che ha ri-esaminato regolarità e legittimità alla luce delle motivazioni della Consulta.

Ora la parola definitiva toccherà Consulta, sotto il profilo dell’ammissibilità (dovrà decidere entro il 20 gennaio) soprattutto in relazione al collegamento dell’Autonomia con la legge di bilancio. Scelta ritenuta del tutto strumentale dai promotori della richiesta di referendum, vista la rivendicata “invarianza finanziaria” della ormai bersagliata Autonomia.

Per Elly Schlein si tratta di una «buona notizia»: «Crediamo molto in questa battiglia, crediamo pure che dopo la pronuncia della Corte Costituzionale, che ha letteralmente smontato l'autonomia differenziata, bisognerebbe che il governo si fermasse e che abrogasse questo testo, per recuperare credibilità dopo lo strafalcione che hanno fatto presentando una riforma che la Corte ha smontato».

«Noi andiamo avanti» ha commentato invece Zaia, che aggiunge, riferendosi all'opposizione: «Ora però avete un problema, cioè quello di trovare i voti». Prima di questo però, occorre aspettare la pronuncia della Corte Costituzionale in merito. «Ben venga il referendum - aggiunge invece il presidente del Senato La Russa -, la bocciatura della Corte costituzionale sui sette punti va accettata. Ho sempre ritenuto che la democrazia diretta sia la cosa migliore. Penso che si potrebbe ad esempio valutare di abbassare il quorum al 40% più uno».

I punti bocciati dalla Corte costituzionale

La Corte Costituzionale lo scorso 14 novembre ha ritenuto «non fondata la questione di costituzionalità dell’intera legge sull’autonomia differenziata», considerando però «illegittime specifiche disposizioni dello stesso testo legislativo». La Corte aveva però evidenziato sette profili di illegittimità (dai Lep alle aliquote sui tributi) e cinque norme salvate a patto di darne una «lettura costituzionalmente orientata». La Corte aveva così accolto parzialmente i ricorsi delle quattro Regioni guidate dal centrosinistra (Campania, Puglia, Sardegna e Toscana) che impugnavano la legge Calderoli. Da qui l’invito al Parlamento a “colmare i vuoti” che ne derivano.

Autonomia differenziata, il nodo sanità

L’autonomia differenziata, insomma, aveva sancito la Corte Costituzionale, non è incostituzionale in sé, perché non contrasta con principi fondamentali come l’unità della Repubblica. Può essere anzi un’occasione di sviluppo efficiente dei criteri di sussidiarietà; ma per esserlo ha bisogno di correzioni su tutti i suoi meccanismi fondamentali. Il primo «profilo di incostituzionalità» investe infatti il cuore del processo: che cosa può essere trasferito alle Regioni? Non «materie o ambiti di materie» ma solo «specifiche funzioni legislative e amministrative», cioè i singoli filoni di attività che compongono una materia, e il loro trasferimento va «giustificato, in relazione alla singola regione, alla luce del principio di sussidiarietà».

La competenza Ue

La Corte Costituzionale fa riferimento a materie in cui «predominano le regolamentazioni dell’Unione europea» come la politica commerciale comune, la tutela dell’ambiente, la produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia e le grandi reti di trasporto, ma anche le «norme generali sull’istruzione» che hanno una «valenza necessariamente generale ed unitaria» - le funzioni relative alla materia sulla «professioni» e i sistemi di comunicazione. Non solo. «Vi sono delle materie, cui pure si riferisce l’art. 116, terzo comma della Costituzione (ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, ndr), alle quali afferiscono funzioni il cui trasferimento è - si legge nelle motivazioni della sentenza -, in linea di massima -, difficilmente giustificabile secondo il principio di sussidiarietà. Vi sono, infatti, motivi di ordine sia giuridico che tecnico o economico, che ne precludono il trasferimento».