Saltato anche l’ultimo tentativo di mediazione con il M5s che conferma l’intenzione di non voler sostenere più Draghi. Il Pd esclude una soluzione parlamentare con un’altra maggioranza. Urne più vicine
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Il governo pone la fiducia sul decreto Aiuti al Senato. Salta anche l'ultima ipotesi di mediazione con i Cinque Stelle lanciata dal ministro pentastellato D'Incà (e cioè ok al testo senza fiducia).
La prossima mossa tocca a Conte e ai senatori del Movimento: se alle 15 voteranno la fiducia il governo andrà avanti altrimenti Draghi salirà al Quirinale nel pomeriggio e toccherà al presidente della Repubblica Mattarella decidere i nuovi passaggi di una crisi che sarebbe di fatto aperta.
Dal Pd il segretario Enrico Letta fa sapere di non essere disposto a tirare avanti con chicchessia. In Parlamento «diremo che siamo disponibili a una continuazione di questo governo Draghi, non siamo disponibili a tirare avanti chicchessia: se non ci saranno le condizioni, se altri partiti della maggioranza si sfileranno, allora la parola passerà agli italiani e noi saremo pronti ad andare di fronte agli italiani con il nostro progetto per il futuro dell'Italia. Se quello che verrà detto in Parlamento è differente, vorrà dire che si andrà di fronte agli italiani e noi siamo pronti a prepararci per questa campagna elettorale».
Una maggioranza senza il M5s «a me sembra un'ipotesi totalmente improbabile. Dopodiché il Parlamento è sovrano, quindi ascolteremo tutti», ha detto Letta. Sul Movimento: «Quello che è successo ieri a Roma e la decisione del M5s di non votare la fiducia al decreto Aiuti cambia lo scenario politico. Prendiamo atto di questa scelta, non è la nostra: è una scelta che ci divide».
L'ex M5s Luigi di Maio attacca gli ex compagni di partito: «I dirigenti M5S stavano pianificando da mesi l'apertura di una crisi per mettere fine al governo Draghi. Sperano in 9 mesi di campagna elettorale per risalire nei sondaggi, ma così condannano solo il Paese al baratro economico e sociale. Non potevamo essere complici di questo piano cinico e opportunista, che trascina il paese al voto anticipato e al collasso economico e sociale», ha affermato il ministro degli Esteri.