Forza ed energia che spingono lontano cuore ed anima. Basterebbe solo questo a definire la musica ed il ballo. Ed invece c'è molto di più in questa doppia combinazione, un valore aggiunto: la melodia, il ritmo, l'impegno e la tenacia posso arrivare finanche a salvare una vita. Francesco De Luca (la sua storia raccontata nell'ultima puntata di Primi piani), telecamera in spalla, segue come un'ombra il padre, editore di Telemare, l'emittente televisiva di San Lucido, cittadina letteralmente affacciata sulla costa Tirrenica cosentina, attiva già dalla metà degli anni ottanta. Questa dedizione gli vale il soprannome “u' figliu 'i Telemare. È fatta: il nomignolo diventa parte del nome e, se vogliamo vederci un segno, anche del suo destino. 

Francesco però viene da un'adolescenza alquanto turbolenta e da una infanzia difficile. I passi dal baratro della perdizione sono comodi e brevi. Ma sono anche gli anni del boom delle tv commerciali che propongono palinsesti innovativi per l'epoca. Dappertutto spopolano i videoclip delle star. Le movenze del Re del Pop, in particolare, incantano e spingono al ballo milioni di ragazzi. Francesco è fra questi. Volteggi, acrobazie, “moonwalk” e abilità fisiche lo ipnotizzano. Capisce così che vuole muoversi anche lui con prestanza e determinazione. La sua vita ha una svolta tanto poderosa da cambiare anche la considerazione degli altri e di se stesso: basta pensieri cattivi, basta scelte facili e pericolose, insomma si decide a mettere la testa a posto; in linea di principio, perché nei fatti proprio non riesce.

Muove i primi passi in strada, durante l'estate, ma tutto quello strusciarsi a terra, roteare sulla testa e su se stesso suscita amare ironie e critiche pungenti. È ancora troppo presto perché il pop, la breakdance ed altri generi simili vengano davvero apprezzati. Nel frattempo, non sono solo i turisti ad avvicinarsi a quel trambusto di suoni e gagliardia fisica, ma anche figli di detenuti, ragazzi con problemi familiari complessi, giovani sbandati in cerca di redenzione: «Ricevevo lettere dal carcere – ricorda Francesco – con le quali i genitori detenuti mi ringraziavano per ciò che facevo per i loro figli là fuori. In realtà insegnavo loro solo come esprimersi con il ballo».

Telemare è determinato a plasmare da quell'arte, da quella filosofia il proprio avvenire. Apre una scuola, un punto di riferimento fisico dove poter insegnare ciò che aveva appreso per strada. In poco tempo il maestro Telemare si accorge che ciò che a lui viene facile come respirare diventa strumento di riscatto per molti altri ragazzi: «Ballare significa dimenticarsi dei problemi, essere leggeri e liberi di esprimere se stessi senza alcuna paura. Oggi il mondo è pieno di ansie e tensioni, ma basterebbe lasciarsi andare alla musica per essere provare la sensazione di volare oltre tutte le brutture. Ballate che vi fa bene».