La volontà dichiarata di affrontare «in maniera laica» la sentenza di Rinascita Scott, tirando le somme tra chi ritiene il maxiprocesso come un momento storico della lotta alla ‘ndrangheta vibonese e chi, al contrario, non lo valuta come decisivo, perché non avrebbe centrato l’obiettivo principale, quello di dimostrare il legame tra politica e mafia, la cosiddetta zona grigia che più volte l’ex procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri ha cercato di illuminare con le sue inchieste.

Questa la premessa con cui Antonella Grippo ha aperto la nuova puntata di Perfidia, su LaC Tv. «Una trasmissione, questa, che non ha alcuna ferocia patibolare da esibire, nessun cappio da sventolare», ha avvertito, rivendicando la volontà di dare voce a tutte le opinioni. In studio con la conduttrice, l’ex parlamentare Pd Enza Bruno Bossio e Vincenzo Speziali (Udc).

Ed è stata proprio l’esponente dem ad aprire il dibattito, mettendo l’accento sulle assoluzioni eccellenti (i politici Gianluca Callipo, Luigi Incarnato e Pietro Giamborino) e sulle conseguenze che l’inchiesta ha avuto sul futuro politico dell’ex governatore Mario Oliverio, precludendogli la possibilità di ricandidarsi «perché tra gli artefici della sua candidatura - ha ricordato Bruno Bossio - c’era proprio Incarnato, alla fine assolto».

Di «boatiche assoluzioni», che rendono incongruo il paragone con il maxiprocesso di Palermo del 1986 contro Cosa nostra, ha parlato Speziali, mettendo in discussione anche la condanna inflitta all’ex parlamentare Giancarlo Pittelli (11 anni) «per fatti che riguardano principalmente la sua attività professionale di avvocato».

L’ex magistrato Piercamillo Davigo, in collegamento con lo studio, ha premesso di non voler esprime giudizi su Rinascita Scott, «di cui non conosco nulla», ha detto. «Conosco invece il maxiprocesso di Palermo - ha sottolineato –. E so che sino ad allora, per cento anni, in Italia non ci sono stati condannati per mafia, ma questo non significa che la mafia non esistesse ma solo che non c’erano gli strumenti per fare condannare i mafiosi. Affrontare le organizzazioni criminali è molto difficile e dunque è da mettere nel conto che ci possano essere delle assoluzioni, mentre non è corretto imputare ai pm carcerazioni poi contraddette dalle sentenze. Chi afferma ciò dimentica che le misure cautelari sono decise da un giudice non dal pubblico ministero».

Su Palermo è tornata anche Bruno Bossio, secondo la quale mentre in Sicilia il maxiprocesso istruito da Falcone indebolì in maniera decisiva la mafia, «in Calabria negli ultimi anni non si sono riscontrati risultati simili e oggi la ’ndrangheta è ancora più forte di prima».

A introdurre i temi più squisitamente politici ha contribuito il giornalista Riccardo Barenghi, che con il suo storico pseudonimo “Jena” è uno dei corsivisti più sarcastici e pungenti del quotidiano La Stampa. Con l’input di Antonella Grippo, che gli ha chiesto due perfidie «una sul Governo e l’altra sull’arcipelago delle opposizioni», Barenghi non si è fatto pregare: «Per il Governo, non si può non ricordare l’ultimo “scandalo”, quello che riguarda il ministro Lollobrigida, che ha fatto fermare un Frecciarossa sul quale viaggiava per proseguire con l’auto blu. Sebbene non ci sia nulla di penalmente rilevante, le giustificazioni che ha dato sono francamente risibili. Su tutto questo risalta il silenzio della premier Meloni, cognata di Lollobrigida. Il suo slogan più caro è Dio, patria e famiglia. Mi sembra che Giorgia Meloni abbia messo da parte la patria e si stia occupando soprattutto della famiglia, la sua. Avrebbe dovuto imporre al cognato di dimettersi da ministro, ma questo non è avvenuto. Per quanto riguarda l’opposizione, mi sembra che non riesca proprio a dare un senso a se stessa. Mi pare che Pd e Cinquestelle stiano facendo di tutto per non trovare un’intesa. Il loro slogan potrebbe essere meglio perdere che unirsi. Dunque Giorgia e suo cognato dovranno governare a lungo».

Una digressione, quella politica, che è durata poco, perché la discussione è tornata a concentrarsi su Rinascita Scott, con i fari accesi su Pittelli e sulla sua condanna a 11 anni «per fatti che secondo Cassazione e Riesame non costituiscono un reato», ha sottolineato Enza Bruno Bossio.

«Su Pittelli - ha aggiunto l’esponente dem – c’è stata una vera e proprio persecuzione affinché fosse mandato in carcere, fino al tentativo da parte della Procura di utilizzare finanche le nostre interrogazioni parlamentari sulla questione come elemento “probante” della sua pericolosità». Sulle presunte contraddizioni della sentenza che ha condannato Pittelli e l’orientamento della Cassazione in senso contrario, ha insistito anche Spaziali.

Ma è stato poi lo stesso avvocato di Pittelli, il noto penalista calabrese Salvatore Staiano, a prendere la parola attraverso un contributo video inviato a Perfidia: «Si dice solitamente che le sentenze non si commentano, questa ormai è una sciocchezza. Se si ritiene che una sentenza sia assolutamente iniqua non si può non commentare, anzi è doveroso farlo. L’avvocato Pittelli, un grande avvocato e un fraterno amico, è stato accusato di essere un mafioso. Oggi gli sconfitti siamo noi, ma nei successivi gradi di giudizio Pittelli verrà assolto, di questo sono assolutamente certo. Una sentenza iniqua quella che ha subito anche per l’abnorme pena prospettata. Una sentenza che desta stupore e per certi versi anche indignazione».

A stemperare i contenuti incandescenti della puntata ha contribuito infine la rituale “confessione” con tanto di inginocchiatoio, a cui questa volta si è sottoposta con grande autoironia Enza Bruno Bossio, interrogata dalla conduttrice sui sette peccati capitali e non solo. Un passaggio su tutti: «Hai mai commesso adulterio?», ha chiesto Grippo; geniale la risposta: «Ci ho provato». Per il resto e per la puntata integrale basta collegarsi su LaC Play.