Secondo il Tribunale, è stato sempre un gregario della squadra di Paolo Romeo. Il suo ruolo e la personalità nella terza puntata del podcast dedicato al processo agli invisibili
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Quando si parla di Alberto Sarra e della sua corposa carriera politica non si può non pensare subito ad uno dei brani più celebri di Luciano Ligabue: “Una vita da mediano”. È la metafora della storia politica di Sarra, da sempre in trincea, spesso in posizioni scomode e complesse e quasi mai celebrato nonostante i tantissimi risultati ottenuti. Una delle ragioni di tutto ciò viene spiegata nel capitolo delle motivazioni della sentenza Gotha con cui l’ex sottosegretario alla Regione Calabria è stato condannato a 13 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Per la Dda, invece, Sarra sarebbe stato un componente dei riservati della ‘Ndrangheta. Di sicuro c’è che, nell’impostazione del Tribunale, Sarra è stato sempre un gregario della squadra di Paolo Romeo.
IL PODCAST - Gotha, processo agli invisibili
È questo che racconta la terza puntata del podcast “Gotha, processo agli invisibili”. Il ruolo e la personalità di Alberto Sarra, anche grazie al contributo del giornalista Pietro Comito, esperto cronista giudiziario e già direttore di LaCNews24.
Sarra inizia la sua carriera politica nel 1992, quando viene eletto presidente della II circoscrizione del Comune di Reggio Calabria. Un incarico minimo, ma che gli consente, già due anni dopo, di affacciarsi al consiglio provinciale. Tre anni più tardi, nel 1997, diviene consigliere comunale. Nel 98, è eletto ancora alla provincia, mentre nel 2000 ottiene una sua prima sconfitta: non gli riesce la scalata al consiglio regionale calabrese, incarico che ottiene cinque anni dopo. Da ultimo, nel 2010, viene nominato sottosegretario regionale a seguito dell’elezione a governatore di Giuseppe Scopelliti. Nel 2013, la candidatura alla Camera dei deputati senza essere eletto.
«Il ruolo di Sarra è perfettamente sussumibile in quello che il pentito Ierardo indica come il ruolo del Santista – scrive il Tribunale – cioè impadronirsi, o comunque infiltrarsi in enti pubblici, avvalendosi naturalmente del consenso elettorale. Sarra ha fatto da collettore dei voti della criminalità organizzata, attraverso l’attuazione di un disegno di permanente infiltrazione mafiosa, dando esecuzione alle direttive di Paolo Romeo e Giorgio De Stefano e di altri».
Sarra, lo afferma il pentito Fiume, viene visto come soggetto vicino ai servizi segreti, a tal punto che Giuseppe De Stefano non intende farsi vedere in sua compagnia. Concetto ripreso e approfondito anche dal procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo che, nel corso della sua requisitoria, si è molto soffermato sul concetto di “servizi deviati”. Chi sono davvero e che ruolo hanno avuto?
Molteplici sono poi i contatti di Sarra con esponenti del crimine organizzato. Intercettazioni e incontri documentati che per il Tribunale rappresentano gli elementi su cui basare il giudizio di colpevolezza. Insomma, Sarra, per i giudici «nell’arco politico di oltre un decennio, è stato uno strumento nelle mani di Paolo Romeo e di Giorgio De Stefano, per garantire alla ‘ndrangheta di infiltrare gli enti pubblici locali e per ciò stesso realizzare la possibilità di interferirne sul regolare funzionamento».