Il leader di Iv ha aperto questa crisi con un solo obiettivo: liquidare Giuseppe Conte, magari allettando qualche dirigente democrat sulla possibilità di sostituire l’inquilino di Palazzo Chigi. E sul punto, il segretario del partito si troverà ad un bivio vitale: se dovesse cedere alle false lusinghe dell’ex presidente del Consiglio sarebbe un passo mortale
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Matteo Renzi è un leader furbo e cinico che ha imparato fin da subito come districarsi sia nelle sagrestie che su gli altari del potere. Lo dovrebbero sapere bene vecchi e nuovi dirigenti del Pd, in più occasioni utilizzati e travolti dal boy scout toscano. Tuttavia, Renzi ha messo in campo una strategia abbastanza prevedibile se analizzata sulla base dei suoi trascorsi e dei suoi espedienti tattici, in fondo mette in atto, “(…) Quel che ha sempre fatto: piazzare i suoi uomini, distruggere quelli che ritiene suoi avversari e tarpare le ali agli amici che emergono troppo e potrebbero rischiare di fargli ombra” come hanno brillantemente scritto Paolo Madron e Luigi Bisignani nel libro "I potenti al tempo di Renzi: Da Bergoglio a Mattarella". Renzi è astuto ma abbastanza prevedibile.
Il PD e le trappole di IV
Nella gestione di questa crisi, dunque, quello che rischia di più è il PD, il quale deve assolutamente evitare di cadere nelle innumerevoli trappole che il leader di Iv ha teso proprio al suo ex partito. Contenuti. Recovey fund. Collegialità. Tutto il vocabolario tirato fuori da Renzi, renziani e renzini per giustificare questa crisi è una gigantesca azione di distrazione di massa; Capitoli vuoti intrisi di strumentalismo politico; sterili argomenti per tentare di tenere in piedi una crisi, i cui veri contorni sono altri. Gira e rigira gli argomenti declinati da Renzi nella conferenza stampa nella quale ha annunciato il ritiro della delegazione di governo, nei talk, nei salotti televisivi, portano ad una sola conclusione: cazzate. Una enorme quantità di luoghi comuni, esercizi di retorica che hanno surclassato la cosiddetta “rivelazione di Sturgeon”, secondo la quale "il 90% delle cose che si fanno (in questo caso che si dicono) sarebbero cazzate".
È evidente, dunque, che il nocciolo della questione con i programmi non ha nulla a che vedere. Se fosse stata veramente questo l’epicentro della crisi, tutto si sarebbe risolto con un paio di vertici di maggioranza. Il nodo, dunque, è di prospettiva politica. Prospettiva che con i contenuti non ha nulla a che fare. Il leader di Italia Viva ha un serio problema di sopravvivenza nello scacchiere della politica. Questo problema ha un nome e cognome: Giuseppe Conte. Il premier ha sostanzialmente prosciugato tutto lo spazio politico ed elettorale sul quale puntava Matteo Renzi. I sondaggi, infatti, parlano chiaro: se l’attuale Premier dovesse fondare un partito, viene accreditato tra il 15 e il 20%, ergo, Italia viva scomparirebbe dalle rilevazioni. Cancellata. E con essa scomparirebbe dallo scenario politico il suo leader.
Si tratta, semplicemente, di cinico e spregiudicato calcolo politico. Intendiamoci, nella dinamica della lotta politica è assolutamente legittimo. E, tuttavia, nella gestione di un paese, ci sono momenti che sull’altare dell’interesse nazionale, uno “statista”, un fine politico, dovrebbe essere pronto a sacrificare sia le ambizioni personali che gli interessi di partito. Renzi, dunque, ha aperto questa crisi con un solo obiettivo: liquidare Giuseppe Conte, magari allettando qualche dirigente PD sulla possibilità di sostituire il Premier. E sul punto, il PD di Nicola Zingaretti si troverà ad un bivio vitale o fatale, se dovesse cedere alle false lusinghe di Renzi in queste ore, sarebbe un passo mortale.
I democrat, infatti, potrebbero essere quelli destinati a pagare il prezzo più alto. Sia in termini politici che elettorale. Matteo Renzi conosce bene la geografia interna del PD, i suoi capi corrente e la lotta interna in quel partito. In queste ore, infatti, ha attivato tante sirene oltre che diversi cavalli Troia, i quali, ancora, gli rispondono dall’interno del Nazareno, tutto ciò, per far credere ad alcuni di loro che potrebbero essere i degni successori di Conte.
E, d’altronde, sull’abilità del leader di Italia Viva di promettere a molte nomine e funzioni politiche, per poi decidere diversamente, ormai, non ci sono più dubbi, basta ricordare ai tempi della sua premiership come ha gestito tutte le dinamiche relative a nomine in Rai, Eni, Poste, Finmeccanica e tante altre, compreso la gestione della nomina più importante, quella della elezione del Presidente della Repubblica. E anche vero però, che la schiera degli illusi e, conseguentemente, delle vittime del leader di Iv è una lunga lista, oltre che, un parterre di tutto rispetto: Prodi, Berlusconi, Amato, Casini. E, tuttavia, la politica è una vecchia zoccola, sosteneva una vecchia volpe democristiana delle mie parti, che tradotto significa: non è detto che coloro che sono stati fregati una volta non possano rimettersi in fila per farsi fregare anche la seconda. Il Pd, dunque, non ha scelta: o Conte o elezioni anticipate. Renzi è inaffidabile. Farsi allettare da Renzi sarebbe come firmare la propria condanna a morte, oppure, tanto per citare Gabriel García Márquez: la “Cronaca di una morte annunciata”. Sulla difesa di Conte, il PD, se vorrà sopravvivere alla tempesta, dovrà attuare la stessa strategia con la quale Stalin difese Stalingrado dall’assedio della 6ª Armata tedesca: “non un passo indietro”.
Giuseppe Conte, sembra un leader solo in queste ore e, tuttavia, nonostante il logoramento a cui è sottoposto da giorni, nonostante la rissosità interna del suo governo, il Presidente del consiglio, continua a mantenere nell’opinione pubblica un indice di popolarità altissimo. Se Conte mettesse in campo un partito suo, nel caso il Pd apparisse poco leale nella difesa di questa esperienza di governo, potrebbe pagarne, in futuro, pesanti conseguenze politiche ed elettorali. La prospettiva, dunque, rimane una: un Conte ter. Renzi è cinico. La risposta dovrebbe essere altrettanto fredda e cinica. Tocca al PD, far intendere al leader di Rignano che l’alternativa sono solo le elezioni anticipate. Anche perché è assolutamente condivisibile ciò che ha scritto Ezio Mauro su Repubblica: “Renzi tradisce a ogni mossa l'obiettivo nascosto di forzare i confini del centrosinistra per uscir fuori, e giocare la partita che gli resta in un campo più largo, dove può forse sperare di rimescolare le sue occasioni con le sue ambizioni.” Se dovesse passare il “lodo Renzi”, il Pd finirebbe per ritagliarsi un semplice ruolo di comparsa, regalando all’ex premier lo spazio di dettare l’agenda politica con il 2,4%. La morte del PD.
La crisi nelle prossime ore dunque, si giocherà su questi binari. Il resto è fuffa. Altre spiegazioni logiche in grado dare un briciolo di dignità istituzionale e politica alla crisi e al comportamento del leader di Italia Viva non esistono.
Matteo Renzi ha messo in scena un teatrino che con la serietà e la responsabilità non ha nulla a che vedere. Come tante altre volte ha fatto in passato, sta giocando d’azzardo. L’ex primo cittadino di Firenze, è un eccezionale giocatore d’azzardo, tuttavia, è anche vero che la gran parte delle partite giocate d’azzardo le ha perse quasi tutte, a cominciare dalla madre di tutte le partite: il referendum. Sia chiaro, tante cose richieste e sottolineate in chiave critica su questo governo sono perfettamente condivisibili ma non rivestono una gravità tale da giustificare questa pesante di crisi di governo.
Una crisi di governo nel mezzo di una emergenza pandemica, 80 mila morti sul terreno, una vaccinazione di massa alle porte con tutte le problematiche sull’approvvigionamento, come si evidenzia in queste ore, l‘economia in ginocchio e troppe famiglie sul lastrico, non è proprio quello che ci si aspettava da chi, per i ruoli ricoperti, avrebbe dovuto possedere la responsabilità di uomo delle istituzioni.
Renzi spera che questo azzardo, induca PD e M5S a mollare Conte, puntando tutto su di un mix composto di politica e terrore. Questa micidiale miscela, infatti, potrebbe rappresentare una fertile prateria per i giochi e le furbizie del leader di Rignano. Tanto che, un filosofo come Stefano Bonaga, si è spinto a definirlo un “delinquente politico”. L’arma di Renzi, e cioè puntare al terrore di decine di parlamentari per eventuali elezioni anticipate, considerato che, oltre la metà di questo Parlamento nella prossima legislatura sarà cancellato, è un’arma in grado di esercitare una pressione che potrebbe incutere molta paura. E, tuttavia, è altrettanto vero che, anche per Renzi e, soprattutto, per il suo gruppo parlamentare le elezioni potrebbero rappresentare la scomparsa dalla scena politica. L’inizio della fine. I sondaggi dopo la dichiarazione della crisi sono implacabili: 2,4%.
L’opzione elezioni anticipate, invece, potrebbe rappresentare per il PD, ma non solo per i democrat, la straordinaria opportunità di risolvere definitivamente la “questione Renzi”. L’arrivo dell’ex sindaco di Firenze alla guida del maggior partito della sinistra, da molti osservatori è stato considerato, non a torto, la conseguenza della crisi d’identità che la sinistra si trascina sul groppone da almeno 5 lustri. Andare alle elezioni, potrebbe significare aprire la strada ad un governo di centro destra, ma potrebbe essere l’occasione per ridefinire i contorni ideali di una sinistra contemporanea, una prospettiva che, al Nazareno, sembrano aver smarrito da tempo.
Ma questa è un’altra storia. Infine, la crisi ha comunque chiuso un’epoca, quello di immaginare che l’antipolitica e il qualunquismo potesse essere una risposta alla crisi sociale, politica e istituzionale del nostro Paese. Come ha brillantemente scritto Francesco Verderami sul Corriere della Sera, «La crisi ha sancito la rivincita della Prima Repubblica sugli epigoni della Terza, che in questa partita così complessa non hanno avuto finora ruoli da protagonisti ma sono rimasti a far gli spettatori. E vedendo all’opera i “professionisti della politica” hanno finito per identificarsi in loro.
Ognuno si è scelto il proprio avatar: Conte ha puntato su D’Alema, Di Battista ha optato per Mastella, Di Maio ha chiesto suggerimenti a mezzo arco costituzionale pur di raccapezzarsi». Per dirla alla Clemente Mastella, è «la riaffermazione di un primato sul dilettantismo». E sempre con Verderami che conclude: «E in effetti non sono stati i dilettanti ad aprire la crisi. La crisi non è che l’ennesima riedizione dell’eterno congresso del Pd, con Renzi contro Zingaretti, Franceschini e il solito D’Alema che — secondo il leader di Iv — sta dietro Conte e a Conte aveva detto di star sereno perché io non avrei mai ritirato i ministri». Ma questa è davvero un’altra storia e anche molto più lunga e complessa.