«Ma allora, quando scatta il silenzio elettorale?». Domanda banale e ricorrente nei giornali alla vigilia di ogni elezione. Anche se, da quando esiste il web, sono molto spesso gli stessi leader politici a violare senza nessuna conseguenza la norma che prevede l’interruzione della campagna elettorale. Una norma di grande civiltà, per dare agli elettori il tempo e la tranquillità di riflettere sul voto che si apprestano a esprimere, che dunque implicitamente sottolinea l’enorme importanza democratica del momento che vede i cittadini chiamati a eleggere i propri rappresentanti.

Di solito, il silenzio elettorale – durante il quale sono vietati comizi e ogni tipo di propaganda diretta o indiretta in luoghi pubblici o aperti al pubblico – dura almeno un giorno, come prevede la legge 212 del 1956, integrata da interventi successivi nel corso degli anni. In particolare, il “turn-off” è disciplinato dall’articolo 9-bis (comma 1), che recita: «Nel giorno precedente e in quelli stabiliti per le elezioni è fatto divieto anche alle emittenti radiotelevisive private di diffondere propaganda elettorale».

Questa volta, però, il divieto scatterà soltanto a mezzanotte di venerdì 7 giugno, esattamente 15 ore prima dell’apertura dei seggi per le Europee e le Amministrative, nei Comuni dove si vota per il rinnovo del Consiglio comunale e l’elezione del sindaco. Dunque 9 ore in meno del canonico giorno previsto. A confermarlo è il ministero dell’Interno, che spiega: «Ciò in quanto l’art. 1, comma 3, lettera b), del decreto-legge n. 7/2024, per le consultazioni di giugno, che vedono un anticipo dell’apertura dei seggi al sabato, considera giorno della votazione quello della domenica».

Dunque, in sintesi, poco meno della metà del silenzio elettorale va a farsi benedire. Nulla di grave, intendiamoci. Nel 2024 - tra post social, reel e storie - la “riflessione” prima del voto non è niente di più di una vestigia di tempi antichi, quasi preistorici. Un po’ come il coccige, l’osso terminale della colonna vertebrale, residuo di quella che una volta era la nostra coda. E come per il coccige, ora ci sediamo sopra anche al silenzio elettorale e non ce ne accorgiamo più.