I colpi di spranga piovono ripetuti e simmetrici, pesanti più di macigni sul corpo e sulle coscienze. La pozza di sangue – ciò che resta sotto una panchina anonima d’una piazzetta di Corigliano – è la plastica e raggrumata testimonianza (la realtà cruda) del deserto di emozioni che accompagna le nostre esistenze. Ci siamo assuefatti alla violenza? Non ancora, anche se rischiamo di abituarci troppo in fretta a certe scene.

I video rubati della rissa di ieri sera restituiscono la fotografia dei tempi nostri: l’indifferenza si è elevata a sistema. E quando i buoni diventano indifferenti, la violenza dei cattivi prevale in ogni contesto. A Martin Luther King – ad esempio – faceva più paura di ogni altra cosa proprio l’indifferenza dei buoni…

I video della rissa nella Sibaritide - e degli atti di bullismo ad esempio ai danni di “Arduzzo”, conosciuto in tutta Cosenza e considerato da molti, troppi, più un personaggio che una persona – devono interrogare sociologi e antropologi, ma anche politici ed esponenti istituzionali e giornalisti anche. Perché si è perso il senso di solidarietà comune? Perché si fugge il più lontano possibile da ogni responsabilità sociale? Perché l’interesse dell’io (e del mio) è diventato prioritario rispetto al dovere del “noi”? Le risposte attengono ai singoli ma tutte hanno un denominatore comune: la mancanza di esempi (non di eroi…) e di azioni repressive forti e concrete che diano ai cittadini nuovamente fiducia nelle istituzioni.

Da mesi la “Sibaritide brucia” come Sagunto, mentre a Roma… neanche si discute: incendi di auto e aziende, rapine, sparatorie, omicidi e risse violentissime e brutali alla luce del sole. È una deriva pericolosa non ascrivibile soltanto alla mancata risposta delle forze dell’ordine (per ora), ma anche alla mancata reazione sociale delle istituzioni locali. Con i semplici appelli a mezzo stampa al potenziamento dei presidi di legalità il problema non si risolve (soprattutto se seguiti da selfie o post social di questo o quell’esponente politico sorridente impegnato in qualche convegno o iniziativa pubblica).

E come si risolve? Iniziando a denunciare, magari, le richieste estorsive che arrivano puntuali come raccomandate con ricevuta di ritorno, organizzando manifestazioni e cortei nei luoghi di sparatorie e incendi, contattando immediatamente Polizia e Arma appena si assiste a un’aggressione (invece di tergiversare con il cellulare) e ripensando completamente il sistema delle relazioni sociali sul territorio trovando il coraggio, magari, di dare seguito alla protesta intra e interistituzionale se una delle istituzioni chiamate a contrastare le illegalità diffuse non riesce a incidere per mancanza di uomini e mezzi (che è il lamento che si leva da mesi dalla Sibaritide). Realizzare, cioè, quanto veniva realizzato prima di entrare nelle istituzioni.

Sarebbe un esempio da seguire, la miccia capace di riaggregare le forze migliori della società attorno a un obiettivo comune e condiviso: ridimensionare violenti e criminali che oggi imperversano terrorizzando le sere e le notti di una parte di territorio dalle potenzialità economiche e produttive superiori a molte altre, ma risucchiato in una spirale di violenza da fermare subito, prima che l’indifferenza dei buoni divenga un male non più curabile.