Ma dove ero finito? Buongiorno, scusate il ritardo cari lettori de LaC, non uso uscire dalla stanza senza salutare i presenti: me lo ha insegnato mio padre. Se sono sparito, da un giorno all’altro, non è stato per scelta, ma per un problema serio, felicemente risolto. A voler usare le parole dei neurochirurghi cui devo la mia vita e le funzionalità che sto ritrovando, «Lei è ancora qui e può ancora essere lei», nel senso che i rischi di danni importanti sono scongiurati.

Non sono più il direttore de LaC, quindi; la mia vita va reimpostata. I telegiornali e i giornali online del gruppo hanno bisogno di una presenza costante, in loco, e io non posso garantirla. Presi la direzione di questa emittente in un momento difficile. Lo feci sapendo che è dura occuparsi di comunicazione in Calabria, lo è molto più che altrove, per il tessuto sociale deteriorato, la trama di compromissioni, pretese, poteri invadenti. Perché, allora, LaC? Perché ci affiancò, quando con alcuni amici organizzammo la manifestazione a Catanzaro, il 19 gennaio 2020, a sostegno dell’azione antimafia della Procura; e quando fu vietato di riprendere il maxi-processo Rinascita Scott, ideai un format televisivo per riuscire a raccontarlo in tv, senza violare, formalmente, il divieto, e l’editore accettò di vararlo, nonostante i molti tentativi, palesi e no, di impedirlo. Avete poi visto, grazie allo splendido gruppo di lavoro dell’emittente, cosa abbiamo prodotto con Pietro Comito: l’unico documento storico sul più grande processo di sempre alla ’ndrangheta.

C’è bisogno di una voce forte del Sud contro il racconto nazionale a senso unico che incolpa i meridionali dei diritti, dei servizi di cui vengono privati, invece di chiedere ragione della esclusione del Mezzogiorno dai piani di investimenti pubblici dei governi, del no al Ponte sullo Stretto, allo sviluppo della rete portuale meridionale, a cominciare da quello di Gioia Tauro, sacrificato dai poteri padani, sull’altare di quello di Genova (imparagonabile e inferiore per fondali, banchine, tempi di raggiungimento e lavorazione), del no ai treni, all’alta velocità ferroviaria, al completamento della statale 106, agli asili di cui continuano a essere derubate le città del Sud, con una spudoratezza che ha disgustato l’Europa, del furto delle risorse del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza, condotto con tale disprezzo dell'equità e asservimento governativo ai più ricchi e forti, da meritare addirittura la bocciatura dell'Ufficio parlamentare del Bilancio (e ugualmente fottersene, diciamolo pure).

E tocca di nuovo ricordare che LaC è l’unico organo di informazione che, con un programma dedicato, informa sul saccheggio delle risorse del Pnrr a danno delle popolazioni e delle regioni del Mezzogiorno, cui l’Europa ha destinato quei miliardi. Governi Robin-Hood-al-contrario rubano ai poveri per dare ai ricchi; rubano a chi ha il diritto per dare a chi ha la prepotenza; negano servizi essenziali, per aggiungere privilegi a chi ha già troppo a spese di tutti.

Questa linea informativa ha avuto e ha l’apprezzamento del pubblico; ma non si può piacere a tutti e ce ne siamo accorti (da interessati “consigli” alla prudenza, alla diffamazione, han voluto farcelo capire). Lo scrivo, perché non sempre si coglie il valore delle cose che si hanno gratis e questa avventura, questo progetto informativo è una opportunità per la Calabria, per il Sud. Quando sono arrivato a LaC, ho trovato un gruppo di lavoro giovane, motivato, competente. Ho 52 anni di professione, svolta in quotidiani, settimanali e mensili che ho diretto, in Rai, con Sergio Zavoli e, fatta la tara degli errori sempre possibili, so quello che dico (ne avete prova tutti i giorni, con i tg, i giornali online LaCnews24, Il Vibonese, Il Reggino, Cosenza Channel e, da poco, LaCapitale, filiazione romana partita contemporaneamente allo sbarco dell’emittente sul satellite e la piattaforma Sky: vuol dire che dalla Calabria si trasmette in tutta Italia e in Europa, sino alla Russia).

Buona cosa, certo. Ma, senza voler sottovalutare il lato commerciale, industriale dell’impresa (si tratta di lavoro per decine di giornalisti, decine e decine di tecnici, registi, operatori), quello che mi induce a restarne parte (non so dirvi ora come e quanto) è il progetto per il quale salii a bordo: dare una voce dissonante da Sud, sul Sud, con le radici ben piantate nel territorio e ascolto non limitato al territorio. È una visione nuova, che merita l’impegno. C’è un dato che non è da poco: l’età media del gruppo (incluso l'editore, escluso io) è molto bassa, e questo consente il passaggio di consegne, la condivisione, la formazione di una sorta di scuola con un indirizzo. Qualcuno si sta montando la testa? Può anche darsi, ma la differenza fra una visione e il tirare a campare è tutta qui (“Offende gli dei chi chiede loro troppo poco”, dicevano i nostri padri greci). Forse sarebbe più furbo, prudente, farlo e non dirlo, ma se fossi capace di tacere le cose, non farei il giornalista, avrei un altro carattere. Non è facile il percorso di un tale progetto; c’è molto da correggere strada facendo, non tutti la pensano allo stesso modo, e persino quando si è d’accordo sul dove andare, si discute sul come; ma ne vale la pena.

Buongiorno, quindi, in ritardo, per l’uscita senza saluto; e buongiorno di rientro, per dire che in qualche modo, questo dialogo continua, per quel che mi riguarda, anche in questo tono che ha più del confidenziale che del giornalistico. Sono una persona che scrive e mi rivolgo a persone che leggono, trovo normale che questo rapporto non sia solo retto da regole fredde. Non ne sono capace.

C’è una bella sfida. Io ci sono. Auguriamoci reciprocamente buona fortuna.