L’onda emotiva suscitata dalla scomparsa della presidente della Regione, non significa automaticamente la legittimazione della sua politica. Il destino della Calabria, in questi mesi, rimarrà nelle mani della peggior classe dirigente d’Europa di destra e sinistra (ASCOLTA L'AUDIO)
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A Jole Santelli è stato tributato il giusto omaggio da parte dei calabresi. Era legittimo. Oserei dire doveroso. È scomparsa improvvisamente un Presidente di Regione in carica ad appena 8 mesi dalla sua elezione. È scomparso il primo Presidente donna della storia del regionalismo. È scomparsa una giovane donna. Indubbiamente, tutte queste circostanze, hanno profondamente colpito la coscienza dei calabresi, soprattutto, dopo aver appreso che la Presidente lottava da tempo contro un terribile male. A tutto ciò si aggiunga l’originale profilo umano di Jole Santelli, una caratteristica che, evidentemente, nel corso della sua lunga carriera politica gli ha procurato simpatie trasversali e bipartisan. Ciò, ha favorito l’onda emozionale che ha caratterizzato il corso delle esequie. Noi abbiamo cercato di raccontare quanto è avvenuto con sincera partecipazione al dolore e con l’equilibrio che deve contraddistinguere i professionisti dell’informazione quando sono chiamati a raccontare un evento storico. La congiuntura mediatica emozionale e l’originale profilo umano della Governatrice, indubbiamente, l’hanno collocata nell’Olimpo delle personalità importanti della nostra terra. La sfera emotiva, umana e quella del dolore dovrebbero fermarsi a queste naturali considerazioni.
Questo significa automaticamente la legittimazione della sua politica? Evidentemente no. I rilievi critici che abbiamo sollevato da cronisti indipendenti sulla qualità della Giunta Santelli, permangono tutti.
Siamo stati in dignitoso silenzio in questi giorni per il giusto rispetto che si deve alla scomparsa di una giovane donna. E tuttavia, questo sacrosanto rispetto non si può confondere con l’approvazione del suo operato politico o peggio con l’autocensura per non ledere la presunta sacralità dell’operato della defunta Presidente. La Santelli è venuta meno per motivi naturali. Ha perso la battaglia con un brutto male. E tuttavia lei ha scelto di consumare i suoi giorni nell’attività politica. Nella scelta cioè di essere orgogliosamente donna delle istituzioni e di parte. Chapeau di fronte al suo coraggio. Chapeau di fronte alla sua coerenza. Rispetto per le sue scelte di vita. Altrettanto rispetto però si pretende per chi, come noi, ma anche altri, sulla valutazione del suo operato politico e di governo hanno nutrito e nutrono non pochi dubbi.
Lo scrittore Gioacchino Criaco, il primo che ha tentato di rompere questo ipocrita clima imperniato sul tentativo di cancellare qualsiasi pensiero critico intorno all’esperienza politico amministrativa di Jole Santelli, scrive: «Il dolore da elemento salvifico, necessario, umanizzante, si sta trasformando in uno strumento dell'inganno dietro al quale un sistema che ha bisogno di fallire per conservarsi nasconde le proprie strategie. Di nove mesi di legislatura regionale restano un corto di Muccino e un vice-presidente in quota lega». Lo stesso vice Presidente che da omosessuale, per esempio, sente la necessità di aggettivare i gay come froci, magari per legittimarsi agli occhi di quella destra fascista e omofoba di cui si sente parte. È ancora, lo stesso vice Presidente a definire “negri” gli immigrati, in perfetta sintonia con la destra americana erede del Ku Klux Klan. Ed è sempre lui, il vice presidente Spirlì, leghista calabro, a definire Papa Bergoglio indemoniato. Una vergogna nazionale che appena qualche giorno fa, però, la stessa Presidente Santelli liquidava semplicemente come le esternazioni di un uomo di spettacolo.
No, di fronte a tutto ciò, non abbiamo intenzione di mandare il nostro cervello all’ammasso o peggio rinunciare alle nostre osservazioni critiche. «Non debemus, non possumus, non volumus (non possiamo non vogliamo non dobbiamo)». Rispondiamo con la stessa determinazione di Papa Pio VII all’indirizzo di Napoleone.
Le domande sulla gestione dell’emergenza sanità sono sempre sul tappeto ed attendono le risposte che la Governatrice non ha mai inteso dare. Il mistero sulla mancata realizzazione delle terapie intensive rimane tutto da decifrare. Il fallimento delle prime misure a sostegno dell’economia è sotto gli occhi di tutti. La stessa fermezza sanitaria che aveva caratterizzato l’azione della governatrice all’inizio della pandemia si è polverizzata con l’anticipazione precipitosa delle aperture commerciali senza nemmeno consultare il comitato scientifico che ella stessa aveva nominato. Il TAR successivamente e, rapidamente, ha bloccato i suoi provvedimenti. Per non parlare delle nomine. È sempre il TAR Calabria che liquida rapidamente la nomina all’avvocatura regionale come illegittima. Per mesi la stesura delle misure, in maniera informale è stata affidata ad un certo “mister X” indagato e sanzionato per alcune scelte su Fincalabra ai tempi della presidenza Scopelliti.
Nella sua azione di governo, dunque, non si è intravisto nessun impulso allo svecchiamento della burocrazia regionale, anzi, ha preferito perpetuare la vecchia, usurata e incapace burocrazia massonica che tanti danni ha creato al tessuto socio-economico della Calabria. La riconferma di Antonio Belcastro all’emergenza Covid, rappresenta l’esempio più eclatante. Diciamoci la verità e senza ipocrisia: Jole Santelli era una donna di sistema. Nei primi atti del suo governo, nemmeno l’ombra di quegli elementi di rottura necessari alla salvezza della Calabria. Eppure, in molti, avevamo immaginato e creduto che la sua elezione potesse rappresentare l’apertura di una stagione riformista e liberale per le istituzioni regionali, soprattutto dopo il fallimento della stagione oliveriana. Niente di tutto ciò è avvenuto.
Alla luce di queste considerazioni, siamo convinti che, la decisione di intestare alla presidente Jole Santelli il palazzo della giunta regionale sia stata precipitosa, oltre che, illegittima, come hanno evidenziato autorevoli commentatori. Il percorso politico e amministrativo della defunta Presidente della regione Calabria, infatti, avrebbe avuto bisogno della giusta storicizzazione. Non a caso, evidentemente, la legge prevede che tali decisioni avvengano a 10 anni della morte.
Inoltre, elaborato il lutto, si rende necessario e urgente mettere un punto al miserabile tentativo di un ceto politico usurato e mediocre, di ripararsi dietro l’onda emotiva generata della scomparsa prematura della Presidente per riconquistare una verginità perduta da tempo. Tutto ciò, con l’obiettivo, evidente, della conservazione di se stessi.
L’obiettivo della tutela della memoria della governatrice scomparsa, dunque, è falso e nasconde una spregiudicata manovra, quella dell’autoconservazione di un ceto politico imbarazzante e scadente. Non mi soffermo sulla valutazione della classe dirigente dei Tallini, dei Graziano, dei Bevacqua che stavano per rifilare alla Calabria, in piena pandemia, una norma che avrebbe consentito a lor signori di maturare il diritto al vitalizio anche con un giorno di legislatura. Dietro la precipitosa decisione bipartisan di intestare la Cittadella alla Santelli, dunque, è difficile non sospettare che si nasconda questo indecoroso tentativo di auto conservazione del ceto politico più indecoroso dell’intero paese. Avremo modo di ritornare a parlare sulle “qualità” dell’attuale classe dirigente. Nelle ore drammatiche del lutto abbiamo letto e ascoltato di tutto. Un esercito di opportunisti, ipocriti, capaci del peggior cinismo politico hanno millantato di rapporti intensi con la scomparsa Presidente, ci hanno spiegato il sogno (inesistente) della Santelli. Penosi. Mercenari del potere a pagamento. Lobbysti della peggiore specie, ex rivoluzionari da salotto, ex intellettuali e miserabili voltagabbana al servizio della propria pagnotta, hanno evidenziato i loro legami profondi con la governatrice, ci hanno spiegato il pensiero riformista, socialista, liberale e libertario della prima presidente donna della Regione. Alcuni sono arrivati a ipotizzare che la storiaccia della tarantella abbia accelerato il decorso della malattia nel tentativo di colpevolizzare i cronisti, gli editorialisti, i reporter, i blogger che avevano pubblicato e criticato, giustamente, quell’inopportuno ballo a San Giovanni in Fiore. Critica, tra l’altro, assolutamente legittima, considerato che ci siamo trovati a stigmatizzare la violazione di regole sanitarie da parte dello stesso Presidente che le aveva vergate. Purtroppo, in quelle ore drammatiche del funerale, qualche sfrontato collaboratore della presidente, privo del minimo ritegno morale, è arrivato finanche ad accusare i giornalisti di non aver compreso in quel ballo, udite udite, il rito liberatorio pre-morte. Insomma i cronisti avrebbero dovuto prevedere il drammatico epilogo e dunque tacere? Per non parlare dei cronisti dall’opinione facile che sono arrivati a chiedere perdono. Perdono per cosa? Abbiamo veramente assistito all’assurdo della retorica più ipocrita e spinta.
La Santelli, purtroppo, scompare ma ci lascia nelle mani di un esercito di nani, ballerine e voltagabbana. “Ciarpame senza pudore”, tanto per mutuare un’affermazione di Veronica Lario di fronte al degrado delle famose veline del bunga bunga. Molti di questo ciarpame in questi anni hanno servito presidenti e sindaci di schieramenti politici opposti. Purtroppo, è proprio il caso di sottolinearlo, di questo “ciarpame senza pudore” si era circondata la Presidente scomparsa. E con questa eredità di bassissimo livello, la Calabria e i calabresi dovranno convivere nei difficili mesi che abbiamo davanti. Sarà questo esercito di inutili idioti che gestirà il governo della Regione nella fase più difficile della pandemia e della sua storia. Speriamo che San Francesco di Paola ci protegga da questo tsunami di imbecillità che ha sommerso le istituzioni della nostra sfortunata terra.