Sono già un centinaio gli imprenditori che hanno aderito alla Rete. Un'onda che si allarga così come accaduto pochi mesi fa con l'associazione dei sindaci meridionali. Lo scopo è il medesimo: vigilare perché al Mezzogiorno non siano sottratte le risorse che, con il RF, l'Unione Europea invia all'Italia (ASCOLTA L'AUDIO)
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La Rete Imprenditori Sud, Ris, appena costituita, ha visto già affluire un centinaio di adesioni e si allarga velocemente, come accaduto, pochi mesi fa, con l'associazione dei sindaci meridionali (Rete Recovery Sud), e per lo stesso scopo: vigilare perché al Mezzogiorno non siano sottratte le risorse che, con il Recovery Fund, l'Unione Europea invia all'Italia, per ridurre il divario costruito in un secolo e mezzo di politiche nazionali squilibrate a danno del Sud.
Ma potrebbe esserci una differenza importante fra la strategia di comunicazione adottata dalla Rete Recovery Sud dei sindaci e quella degli imprenditori: i primi hanno cominciato cercando di far valere le proprie ragioni dinanzi alle autorità nazionali (ministri, sottosegretari...), poi le hanno portate a Bruxelles; i secondi pare siano orientati a fare il contrario: presentare ufficialmente la Rete a Bruxelles, come prima uscita, appena avranno definito la loro struttura organizzativa. Come dire: l'Europa (madre del Recovery Fund) quale punto di partenza e non arrivo. Che non è un modo per saltare gli interlocutori istituzionali o Confindustria, il sindacato degli imprenditori, assicurano, ma, visti i tempi stretti, per affiancarli e far giungere prima e con maggior chiarezza la voce degli interessi legittimi del Mezzogiorno.
Oggi, la Rete dei sindaci meridionali rappresenta più di cinquecento grandi e piccoli Comuni, è interlocutore del governo e della Commissione europea presieduta da Ursula von der Leyen, e costituisce, di fatto, l'embrione di una sorta di “Camera istituzionale” della rappresentanza dei diritti del Mezzogiorno che rischiano di essere ancora una volta calpestati.
Un peso che potrà/dovrà essere accresciuto dall'analoga iniziativa degli imprenditori meridionali. Il ruolo è completamente diverso, l'obiettivo no. Per dire delle differenze: mentre per i sindaci la crescita numerica più veloce possibile delle adesioni era un fatto assolutamente positivo, per gli imprenditori non è detto lo sia. Perché? Perché se i sindaci hanno in comune (e in Comune) gli stessi strumenti, le stesse norme, un modo di procedere istituzionalmente regolato e dal quale non possono allontanarsi, gli imprenditori hanno percorsi differenti a seconda dei campi di attività, dei tempi imposti da quelle e da altre collegate. Insomma: se per i Comuni la strada è una, per gli imprenditori sono tante: diciamo che partono insieme ognuno a modo suo, per ritrovarsi all'arrivo.
Questo non vuol dire non concertare l'azione, ma chi opera nel settore turistico si raccorderà con i colleghi, chi nelle costruzioni, idem, e così per l'agroalimentare, la meccanica, la comunicazione, eccetera. Quindi la prima cosa da fare è strutturare la Rete, in modo che gli aderenti trovino subito, oltre alla ragione della presenza di ognuno, la possibilità di poter subito essere operativi.
E a questo si sta lavorando, come riferiscono i due primi promotori, che ora coordinano le cose: Vincenzo D'Agostino, calabrese, creatore di Omnia Energia, e Raffaele Cariglia, pugliese, una sorta di incubatore vivente di società e cooperative. Significa che la Rete potrà partorire studi e servizi per iniziative individuali e collettive, perché non vadano perse opportunità di crescita, innovazione, lavoro. E chi se non i diretti interessati possono conoscere punti deboli, necessità e punti di forza? Chi fa impresa è abituato ad agire senza perdite di tempo, senza fronzoli, insomma, “a cavarsela” da solo. Ma sa che è più facile raggiungere risultati se si opera insieme ad altri che condividono metodi e fine; quindi ci si può attendere molto da una intesa con la Rete dei sindaci, l'affiancamento di alcuni parlamentari, forse dei presidenti delle Regioni del Sud (considerando che, per la prima volta in mezzo secolo, si sono mossi insieme, proprio in difesa delle quote di Recovery Fund spettanti al Sud e dei finanziamenti alle aziende agricole) e hanno la possibilità di farsi ascoltare a Bruxelles.
Quello che manca al Sud è una voce che abbia autorevolezza per chi rappresenta (la politica, l'economia, gli interessi), per quanti rappresenta, per come lo fa. Questa voce si comincia a sentire e ora deve trovare il modo per diventare potente. Il più efficiente che si conosca è il coro.