L’editoriale del nuovo direttore Pier Paolo Cambareri: prima i fatti e poi le opinioni per favorire convergenze e contribuire al rilancio della regione (ASCOLTA L'AUDIO)
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L’ultima domenica di gennaio regala all’Italia Sergio Mattarella. Prevale ancora, per la presidenza della Repubblica, l’indole discreta d’un uomo del Sud: pacato ma determinato, rasserenante ma austero. La politica ne esce a pezzi, le istituzioni no.
Il segnale della rielezione è metafora dei tempi nostri: in un quadro internazionale segnato da venti di guerra a Est dell’Europa e da un contesto sociale fortemente provato dai rigori della quarta ondata pandemica, gli italiani chiedono certezze, stabilità, rassicurazioni. Lo chiedono gli italiani. E, per primi, lo chiedono i calabresi.
La nostra testata – di cui assumo la direzione – ha seguito il dibattito politico nazionale e ha raccontato le debolezze di partiti e movimenti costretti a due passi indietro pur di non concedere agli avversari un millimetro di vantaggio. Mentre accadeva tutto ciò – giusto per fare qualche esempio – da noi scendevano in piazza gli operatori della sanità pubblica per chiedere la stabilizzazione, protestavano gli attivisti di Crotone per invocare la bonifica dell’area antistante il Castello, venivano eseguiti arresti ai danni dei riciclatori della ‘ndrangheta trapiantati al Nord, si riaccendevano i riflettori sui ritardi nella gestione del ciclo delle acque (a partire dalla depurazione), riesplodevano le tensioni sociali per le discariche di rifiuti nuovamente sature della Sibaritide e continuavano a celebrarsi i processi nelle aule di Tribunale contro le cosche del Vibonese. Noi, tutto questo, lo abbiamo raccontato. Ma abbiamo raccontato, allo stesso modo, la Calabria bella e che non si piega, la Calabria delle grandi intuizioni imprenditoriali e intellettuali, la Calabria dei riconoscimenti ai nostri docenti universitari nel campo della matematica e dell’intelligenza artificiale, la Calabria che fa cultura e si riunisce in associazioni di volontariato per tendere la mano agli ultimi.
Ecco, il nuovo corso di LaC sarà caratterizzato da questa scelta editoriale: continuare a raccontare fatti, vizi e virtù della nostra terra accompagnati dall’approfondimento, e cioè coniugati al tentativo di dare una risposta agli interrogativi che restano spesso sospesi.
La mia direzione sarà dunque aperta al confronto. Libera. Serena. Non è di conflitti sociali che ha bisogno la Calabria alle prese con l’epocale sfida del Pnrr: lo strumento chiave per la ripresa deve favorire convergenze ampie su obiettivi base, perché lo sviluppo è frutto di sinergie multisettoriali. Tutti devono sentirsi coinvolti.
Gli editori mi hanno conferito un mandato preciso, che faccio pienamente mio: esercitare libertà di pensiero e di manovra. È l’ottica – che apprezzo molto – della valorizzazione delle risorse interne al gruppo, che non coinvolge solo me ma anche altri colleghi (e ne coinvolgerà ulteriori in futuro).
Ricevo il testimone da Pino Aprile. Faccio mia la sua lezione sul risveglio di una nuova (e sana) idealità a carattere meridionalista. Faccio mie, però, anche le esperienze dei direttori che l’hanno preceduto: per una causa giusta, e per ciò in cui si crede, non bisogna aver timore di alcuna battaglia.
Nel percorso che ci attende incontreremo volti vecchi e nuovi. E racconteremo storie. Ci imbatteremo in vicende di virtù e miseria. Il nostro obiettivo, però, sarà quello di dire o fare qualcosa per instillare il seme della speranza; sarà quello di contribuire a cambiare il reo e non solo di condannarlo; sarà quello di sensibilizzare la politica alle scelte giuste non per vezzo o saccenteria ma soltanto perché i benefici delle scelte giuste – e questa è storia – sempre hanno riverberi luminosi sulle generazioni future. Fuori da questo percorso, non sarà la nostra strada. Buon viaggio, Calabria.