La società che gestisce anche i Patti territoriali è intenzionata a citare in giudizio il ministero per chiedere i danni per quelli che definisce «comportamenti frenetici e contraddittori»
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Un rischio concreto che potrebbe presto materializzarsi. La liquidazione della Vibo Sviluppo, ente attuatore dei patti territoriali di Vibo Valentia, è ormai dietro l’angolo. Così come anticipato ieri da queste pagine. Per effetto della sentenza del Consiglio di Stato n. 7016 del 15 dicembre 2018, che ha sancito l’illegittimità dell’assegnazione di risorse da parte del ministero dello Sviluppo economico, l’agenzia di sviluppo territoriale è infatti chiamata a restituire l’importo di 1.631.728,64 euro erogato nel 2011 a copertura dei costi di gestione e successivamente revocato.
Una riscossione coattiva, quella che si profila all’orizzonte, che di fatto affossa completamente la Vibo Sviluppo e mette a repentaglio il completamento di opere pubbliche per un importo di 6,5 milioni di euro. Una prospettiva che la società guidata dal presidente Pasquale Barbuto e dell’amministratore delegato Pietro Giamborino tende a scongiurare. Per farlo intende dare vita ad un nuovo contenzioso. «La vicenda - affermano gli amministratori - non è affatto conclusa. Infatti, per come prospettato anche dal Tar Catanzaro in una recente sentenza, la Vibo Sviluppo sta provvedendo a chiamare in giudizio il ministero per il risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’illegittimità del provvedimento ministeriale 9803/2011 (per come definitivamente sancito dal Consiglio di Stato) e dei comportamenti frenetici e palesemente contraddittori assunti dal ministero in questi ultimi anni, contraddistinti anche da omissioni e colpevoli ritardi».
Rispetto all’utilizzo dei fondi a copertura delle spese di gestione, che ammonterebbero a circa 250mila euro annui, la società spiega che non poteva fare altrimenti. Neppure dopo la revoca del finanziamento avvenuta nel 2014 con effetto retroattivo. «Il rapporto tra il ministero ed i soggetti responsabili - spiegano dall’ufficio di Palazzo Bitonto, sede della Provincia - è disciplinato dalla legge e dai decreti ministeriali attuativi. La Vibo Sviluppo, responsabile dell’intera procedura, è obbligata a svolgere le proprie attività fino al collaudo di tutte le opere finanziate ed il ministero, revocando il contributo a copertura delle spese di gestione erogato tre anni prima, ha creato l’assurda situazione per la quale ha continuato a chiedere e pretendere dalla Vibo Sviluppo lo svolgimento dei compiti istituzionali “gratis”, con la società costretta ad adempiere puntualmente alle attività richieste (anche per evitare l’applicazione di penali), sostenendo dei costi ed assumendosi delle responsabilità per attività che negli anni sono state svolte in nome e per conto del ministero e dallo stesso fatte proprie. Situazione che la Vibo Sviluppo, preso atto del rigetto da parte del ministero di ben tre proposte di accordo transattivo, intende far valere davanti ai giudici».
Entrando nel merito delle attività svolte nel periodo successivo alla revoca del finanziamento, la Vibo Sviluppo spiega di aver ottenuto, il 27 maggio del 2015, il Decreto Mise che finanzia cinque nuove opere pubbliche e, in data 7 agosto 2018, il Decreto Mise 2538 che finanzia ulteriori cinque nuove opere pubbliche. Per un importo complessivo di 8,3 milioni di euro e interventi previsti nei comuni di Briatico, Soriano, Sorianello e Vibo Valentia.
Non solo, l’agenzia di sviluppo territoriale «è in attesa di ottenere ulteriori finanziamenti per oltre 4 milioni di euro, anch’essi da destinare ad opere pubbliche, la cui disponibilità è già stata accertata dal ministero». In quanto società pubblica, nonostante la sua natura di Spa, Vibo Sviluppo non potrà in nessun caso essere dichiarata fallita ma la liquidazione, confermano gli amministratori, è tutt’altro che un’ipotesi peregrina.
«La situazione, seguita dai soci di maggioranza, verrà a breve posta all’attenzione dell’Assemblea dei soci, i quali, si rassicura, ai sensi della normativa vigente non sono esposti a nessun rischio se non nel limite delle quote versate nel 1997, pari a poche migliaia di euro, a fronte dei finanziamenti pubblici negli anni portati della società che ammontano ad oltre 60 milioni di euro e dei quali i soci sono i principali beneficiari. Il tentativo da sempre perseguito dal ministero - aggiungono -, è quello di indurre la Vibo Sviluppo in liquidazione, così da poter revocare i finanziamenti assegnati e non ancora spesi».
Sulla questione dell’individuazione di un nuovo soggetto attuatore che possa portare a compimento le opere pubbliche già finanziate, gli amministratori si dicono certi che «l’ipotesi suggerita nel corso dell’ultimo incontro al Mise di individuare un nuovo soggetto responsabile non è fattibile perché non è prevista normativamente». Quindi la considerazione che, in ultima istanza, «Vibo Sviluppo sta difendendo, in beata solitudine, non solo la sua ventennale attività di sviluppo del territorio, con circa 100 progetti finanziati tra pubblici e privati, con risorse pubbliche erogate per oltre 60 milioni di euro, ma anche il tentativo di evitare un nuovo “scippo” al territorio di oltre 15 milioni di euro».