I numeri dell’impianto offshore a 15 chilometri dalla costa su 60 chilometri quadrati sono stati sciorinati da Eugenio de Blasio ceo di Green Arrow, promotrice progetto insieme a New Developments: «L’utilizzo del porto sarà marginale e genererà un valore economico di circa 4,5 miliardi di euro nei prossimi 30 anni»
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Dai 60 milioni di investimenti di Baker Hughes a 1,6 miliardi di euro di Green Arrow. Mai come questa volta il proverbio secondo cui se si chiude una porta di apre un portone sembra essere azzeccato.
Circoscritta definitivamente la parentesi industriale proposta dalla multinazionale americana nel porto, si sta per aprirne un’altra – peraltro già nota – relativa alla produzione di energia da fonti rinnovabili a largo di Corigliano Rossano.
Ne avevamo già parlato allora, il 29 novembre 2023 presentando la proposta di parco eolico-solare off shore da 60 chilometri quadrati a circa 15 chilometri dalla costa, lungo l’asse marino esteso per 17 chilometri tra Rossano, Crosia, Calopezzati e Mandatoriccio.
Il progetto prevede un investimento da 1,5-1,7 miliardi di euro, 1500 posti di lavoro ed elettricità per 600mila famiglie.
Numeri impressionanti quelli sciorinati sul Corriere della Sera da Eugenio de Blasio, amministratore delegato di Green Arrow, società di gestione del risparmio, con attività per oltre due miliardi di euro, partecipata dal gruppo Intesa San Paolo ed Enpam, l’organismo di previdenza del personale medico. Proprio dalla partnership tra il Gruppo Green Arrow Capital e New Developments nasce “Mio” (Mediterranean Italian Off-Shore), progetto eolico flottante proposto dalla società ND Sea One Srl, con sede in piazza Europa a Cosenza.
I numeri
Il ceo di Green Arrow conta di «ottenere l’autorizzazione unica nel giro di un anno e mezzo, dopodiché potremo avviare la costruzione dell’impianto che verso la fine del 2026 o, al più tardi, l’inizio del 2027: abbiamo già avuto da Terna il via libera al collegamento alla rete elettrica a terra».
A regime l’impianto «produrrà energia sufficiente a coprire il fabbisogno di oltre 600mila famiglie, aiutando il Paese a svincolarsi da pericolose dipendenze dall’estero per gli approvvigionamenti».
Secondo il ceo di Green Arrow, il progetto avrà ricadute economiche enormi per il territorio. «Oltre il 60% dei fornitori di questo progetto sono italiani e si occuperanno del trasporto, della posa dei cavi, dei servizi di ingegneria e dell’assemblaggio delle varie componenti. In futuro, avremo sempre più bisogno di energia per alimentare i data center, le auto elettriche e le innovazioni digitali, ma le imprese italiane la pagano molto di più rispetto alle rivali francesi o statunitensi. Credo che una parte della soluzione sia l’installazione di parchi eolici e solari in mare aperto, capaci di produrre energia pulita in quantità e con un impatto visivo minimo».
L’impatto ambientale
«Abbiamo avviato colloqui con gli enti locali, anche per definire gli interventi di compensazione, al momento con riscontri incoraggianti. Trattandosi di progetto di rilevanza nazionale e strategica – conclude il ceo di Green Arrow – l’ultima parola spetterà alla Presidenza del Consiglio».
Il progetto “Mio”
Il progetto Mio prevede una produzione di 1244 GWh annua, ovvero il 75% del fabbisogno domestico calabrese, 637mila tonnellate di CO2 risparmiate e – come accennato – 1300 posti di lavoro nel primo triennio. «Con una capacità complessiva di 490MW – è spiegato nella presentazione del progetto – sarà composto da 28 turbine eoliche galleggianti e 7 piattaforme solari flottanti. Grazie all’innovazione tecnologica e alle soluzioni ingegneristiche avanzate, il progetto non comprometterà le risorse di suolo e riducendo al minimo l’impatto ambientale».
L’area impianto eolico dista dalla costa da un massimo di 16,12 km (circa 8,7 miglia nautiche) ad un minimo di 14,8 km per l’area destinata al fotovoltaico (circa 8 miglia nautiche).
L’utilizzo del porto
Anche questo progetto prevede un marginale utilizzo del porto. «Per questo tipo di opera, infatti, è possibile individuare il sito di assemblaggio di parti d’opera in porto o direttamente nel sito offshore – è spiegato ancora – limitando l’area portuale alle sole attività di approvvigionamento e stoccaggio».