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Il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) sta ricordando in questi giorni con diversi eventi i 90 anni della spedizione al Polo Nord del comandante Umberto Nobile a bordo del Dirigibile Italia (24/25 maggio 1928), al quale è intitolata la stazione di ricerca di Ny-Alesund nelle Isole Svalbard, in Norvegia, che si trova proprio nel punto dal quale partì il velivolo per la sua coraggiosa e tragica missione. La base scientifica gestita dal Cnr si trova nei pressi del luogo in cui ancora oggi è visibile il pilone di attracco del velivolo con cui Nobile sorvolò il Polo Nord. La vicina struttura di monitoraggio atmosferico Climate Change Tower, anch’essa gestita dal Cnr, è invece cointestata a Nobile e Roald Amundsen, il collega e rivale dell’esploratore italiano che morì in un tentativo di soccorso dei superstiti della sciagura del dirigibile.
L’attuale station leader della base Dirigibile Italia del Cnr, a Ny-Alesund nelle Isole Svalbard, in Norvegia, è il calabrese Massimiliano Vardè. Nato a Vibo Valentia, ha studiato alla Università Sapienza di Roma dove si è laureato in chimica, per lavorare al Cnr: prima all’Istituto sull’inquinamento atmosferico di Montelibretti e di Cosenza poi all’Istituto per la dinamica dei processi ambientali di Venezia. Da qui è partito a fine aprile per la base artica, dove si occupa di studiare la composizione chimica della neve e degli aerosol in aree remote.
«La ricerca polare è una sfida avvincente perché consente di sperimentare strumenti e metodi per la determinazione di elementi e specie di origine naturale e antropica, al fine di comprendere i fenomeni legati alle loro sorgenti, trasporto e accumulo a queste latitudini», dice Vardè. «Mi sono innamorato della chimica ambientale sin da quando studiavo all’università: la chimica in genere viene associata all’idea di inquinamento ma è proprio studiando e aumentando le nostre conoscenze delle dinamiche e dei processi chimici che possiamo adottare le misure per contrastare l’impatto dell’azione umana».
Riguardo all’anniversario dell’impresa di Nobile, il ricercatore vibonese osserva che «gli esploratori del passato affrontavano le aree polari con dotazioni tecniche molto rudimentali, oggi abbiamo a disposizione infrastrutture e tecnologie che permettono di lavorare in maggiore sicurezza e comodità. Nonostante ciò, però, anche la ricerca di oggi negli ambienti estremi richiede una preparazione specifica e una consapevolezza dei rischi. Questa è stata la mia prima missione artica, dopo alcune esperienze in Italia e all’estero, e credo che le emozioni che si provano in un posto simile siano uniche. Con il mio istituto sto partecipando a un progetto europeo triennale e pertanto mi auguro vivamente di ripetere quest’esperienza».