È un compleanno senza festeggiamenti, ma ci sono la torta – seppur amara – e la candelina da spegnere perché c’è un desiderio da esprimere. Sempre lo stesso, da un anno a questa parte. Da quel 13 settembre 2022, quando 40 lavoratrici e lavoratori della Simet spa – l’azienda di autotrasporti con sede a Corigliano-Rossano – si sono visti recapitare le lettere di licenziamento che li hanno gettati in un abisso di sconforto e incertezza. Soffiano sulla candelina, oggi, quei lavoratori e alla fiamma che muore affidano il loro desiderio: quello di tornare in superficie, vedere la luce di un futuro ancora radioso.   

Un anno, questo, che è stato «un supplizio – afferma Elda Renna, portavoce dei lavoratori licenziati – per tante famiglie senza più una certezza economica, a cui è stata deturpata la serenità e distrutta la dignità. Inizia il periodo dei voltafaccia, il periodo in cui molti sono scomparsi, facevano finta di non vederti, periodo in cui altri hanno preso le distanze da noi che eravamo stati gettati nel baratro più sconfortante. Gli impegni presi con mutui, affitti, lo sviluppo culturale e sociale dei nostri figli, anche il semplice poter andare da un medico per fare una visita, sistemare un dente, il fare la spesa giornaliera, il semplice fabbisogno di ogni giorno». Tutto, da quel 13 settembre, è diventato «complicato».

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Un boccone amaro da digerire, come quelle continue chiamate dalle banche: «"Il vostro conto in banca è negativo dovete venire a versare", dicevano. Cosa potevamo versare? Solo lacrime e disperazione».

Lacrime, tante, e poche spalle su cui piangere. Pochissime attenzioni da parte dei rappresentanti istituzionali e politici e nessuna soluzione messa in campo per ridare speranza a chi ormai non ha che questa. Ripensa con rammarico, Elda Renna, al «completo menefreghismo delle istituzioni regionali e del governo centrale, quando i posti di lavoro si potevano salvare».

E lei, con gli altri, non ha mai mollato. Ha chiesto, urlato, lottato. Ha scritto lettere ed è scesa in piazza. «Occhiuto nonostante le infinite richieste di incontri, non ci ha mai degnato neanche di 5 minuti, stesso atteggiamento da parte dei consiglieri regionali di maggioranza che dovrebbero lottare per i cittadini della città in cui vivono ed invece il loro atteggiamento è stato quello del menefreghismo totale», dice.

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Eppure non si ferma neanche adesso. Un anno di rabbia l’ha sfiancata ma non sfinita e dopo il soffio, scoraggiato ma ancora deciso, sulla candelina, riprende a battersi. Per quel desiderio che non si accontenta di affidare a una fiammella che si spegne. «Noi non abbiamo alcuna intenzione di fermarci. Nelle aule dei tribunali stiamo conducendo la nostra battaglia, sperando nel buon senso dei giudici del lavoro, supportati dallo studio legale di Susanna Cecere, tre donne coraggio che ci stanno proteggendo da ogni eventuale accanimento. A sostenerci c'è anche l'unico sindacato che ha sempre sostenuto noi lavoratori, la Faisa, nel nome di Francesco Bruno e Antonio Sibio. Non ci siamo mai fermati: il coinvolgimento della stampa per noi è essenziale, perché è l'unico modo che abbiamo per raccontare la nostra storia e darci voce in una società in cui i lavoratori hanno paura di far rispettare i propri diritti». 

Delusi sì, rassegnati mai. «Un anno fa "Mamma Simet" ha fatto una scelta: senza di noi stava bene comunque – rimarca Elda Renna –. Senza guardare i tantissimi sacrifici che ogni giorno facevamo per portare il pane a casa, ma soprattutto anche ricchezza all'azienda, il nostro darci completamente alle esigenze aziendali, il forte senso di appartenenza che ci ha sempre contraddistinto, spesso annullando le nostre stesse vite private. Potrei dirvi che in quest'anno di lacrime ne abbiamo versate tante, ma ci siamo rimboccati le maniche per lottare e continueremo a farlo». 

Si spegne la candelina su questo primo anno di lacrime e rabbia. Si chiude un capitolo ma la storia continua, perché il finale, per Elda Renna e compagni di sventura, è ancora da scrivere. «A noi piacerebbe ricevere quell'abbraccio che ci è mancato da coloro con cui abbiamo diviso il sonno, il cibo, i chilometri, le paure, le speranze; stiamo sempre attenti affinché nessun altro dei nostri ex colleghi perda il posto, stiamo lottando anche per loro e spero che qualcuno di loro se ne renda conto».

«Noi ce la metteremo tutta – conclude – per far rispettare le nostre vite dentro e fuori dalle aule dei tribunali. A Simet auguriamo un grandissimo rilancio aziendale, che porti ricchezza e servizi anche a questo territorio martoriato e privo di mezzi di comunicazione e di infrastrutture. Siamo stati cacciati fuori dalla porta, noi faremo tutto il possibile per riprenderci il nostro posto di lavoro, rientrando da un grande portone spalancato dal nostro coraggio e dalla nostra determinazione. E anche dalle nostre lacrime».