Mancano 36 ore alla riapertura di molte attività imprenditoriali e commerciali dopo lo stop per la pandemia del coronavirus e tutti si chiedono come sarà da lunedì prossimo tornare al lavoro. Ma tra gli imprenditori e i commercianti i sentimenti sono discordanti e, a causa delle norme restrittive su igiene e distanziamenti, alcuni hanno deciso di alzare bandiera bianca e rinunciare alla prossima stagione estiva. Tra questi, ci sono molto operatori balneari, vessati da spese e tasse ancor prima di cominciare, anche se i pagamenti di queste ultime sono state ridotti o rinviati. Oltretutto, secondo le previsioni, gli incassi non consentirebbero nessun tipo di investimento e ancora prima di pagare gli stipendi dei dipendenti. Sui guadagni, addirittura, si è persa la speranza. «Che cosa apriamo a fare - dice ai nostri microfoni un gruppo di operatori balneari di Scalea -? Le spese restano uguali, anzi aumenteranno per via delle sanificazioni e i dispositivi di igiene e sicurezza, ma gli incassi, se tutto andrà bene, saranno un terzo. E pensare che le nostre attività si reggevano già prima su 20 giorni all'anno di turismo. Dietro ci sono sacrifici e mesi di lavoro, sudore e preoccupazioni. Il mare è la nostra vita, il solo pensiero di mandare tutto all'aria ci soffoca».

Lidi chiusi dopo 57 anni

Mimmo Sassone, imprenditore di Scalea, aveva 3 anni quando per la prima volta ha messo piede sullo stabilimento balneare di famiglia e da allora di strada, e di investimenti, ne ha fatti tanti, cercando di rendere quella che è la sua seconda casa più piacevole e confortevole possibile per assicurare una vacanza rilassante ai suoi clienti. Eppure quest'anno la tradizione rischia di andare in frantumi. «Se le cose rimangono così non apriremo - ci dice -. Non sappiamo come fare, non ci sono le condizioni, troppe spese, troppe restrizioni, così non si può lavorare».

C'è chi vuole riaprire

Luigi Di Giorno invece non vede l'ora di tornare a lavorare nel suo stabilimento balneare e di rivedere i suoi clienti, ma è perfettamente cosciente che sarà una stagione decisamente difficile. «Lavoriamo soprattutto grazie agli alberghi, ma molti non riapriranno e questo ci fa riflettere. Per i lidi in un certo senso sarà più facile rispettare le norme, ma per gli alberghi proprio no e senza un posto dove alloggiare quanti turisti sceglieranno di andare in vacanza?». Questo clima di incertezza, li pone in una sorta di limbo: «Riusciremo almeno a coprire le spese? Non sappiamo che pensare».

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Gli imprenditori: «Chiediamo giuste condizioni»

Nonostante il periodo drammatico, fortunatamente c'è chi ancora riesce a conservare l'ottimismo. Giorgio Delle Tasse, imprenditore balneare e presidente del consorzio "Scalea mare", pur cosciente della delicatezza del momento, incita i colleghi a trovare una soluzione e andare avanti, nonostante tutto. «Allo Stato - dice ai nostri microfoni - non chiediamo nulla se non di lavorare. Ma che ci mettano in condizioni di farlo». Le restrizioni sulla distanza in spiaggia, secondo Delle Tasse, sarebbero esagerate. «Il caldo e la salsedine metterebbero ko il coronavirus e poi siamo all'aria aperta. Perché in spiaggia ci si deve allontanare di 5 metri e in un pullman al chiuso basta un solo metro di distanza?». Errori di valutazione, li definisce, che sarebbero frutto di inesperienza. «Chi deve decidere sulle attività balneari, dovrebbe conoscere il mare, altrimenti è inutile e dannoso».