«Non lasceremo da soli gli operatori del turismo, ci sarà un robusto sostegno». Parola di Giuseppe Conte. Per uno dei comparti più colpiti dall’emergenza economica conseguente quella sanitaria, in vista della fatidica Fase 2 il governo italiano interverrà quindi in maniera «poderosa» per scongiurare un tracollo inimmaginabile fino pochi mesi fa. Le garanzie offerte dal settore sono però le più labili e, anche per questo, gli addetti ai lavori continuano a chiedersi se riaprire le attività o rimandare ogni velleità al 2021.

 

Dopo la presa di posizione del sindaco Macrì, che aveva invocato chiarezza alle istituzioni romane, anche gli imprenditori balneari di Tropea continuano a porsi domande senza ottenere risposte. Fino a questo momento, infatti, tavoli tecnici, task force e messaggi alla Nazione non sembrano aver sortito effetti chiarificatori e, di conseguenza, gli operatori del settore brancolano nel buio più totale.

 «Avremo costi esorbitanti»

Sul litorale di Tropea, città simbolo del turismo calabrese, si contano sulle dita di una mano gli stabilimenti balneari pronti a rimettersi in gioco a breve: la maggior parte ha ancora pedalò all’asciutto e ombrelloni in deposito. Tra i pochi che hanno sfruttato l’opportunità offerta dall’ordinanza della presidente Santelli, che ha concesso ai titolari di lidi di procedere alla manutenzione, c’è anche Domenico Vinci, proprietario del Calypso, stabilimento storico della Perla del Tirreno: «Al mare – incalza - come si fanno a mantenere le restrizioni? Come fa il bagnino a dire di stare distanti? Ci vorrebbe una guardia per ogni metro, è una cosa che ci lascia un po’ così». Perplessità che non restano confinate alla spiaggia, ma che si estendono anche alla ristorazione, altro punto di forza della sua attività: «Se si seguono tutte le direttive è impossibile lavorare. Faccio un esempio relativo alla sanificazione: secondo quanto sappiamo il costo al metro quadro in Lombardia è di un euro, mentre qui è di sette euro. Come facciamo a sanificare una cucina di cento metri quadri ogni settimana? Avremo dei costi enormi».

 

Incertezze che, naturalmente, ricadono anche sui dipendenti: «È impensabile che possa assumere le stesse unità dello scorso anno, al massimo potrò arrivare a sei o sette, contro i quindici precedenti. Mi dispiace molto per loro ma non sono costi sostenibili. Se si ripartirà mi auguro solo di arrivare a fine stagione e coprire le spese, per quest’anno non avrò guadagno».

«In spiaggia come in ospedale: non riaprirò»

E se c’è chi è ancora indeciso su ciò che sarà, c’è anche chi ha già fatto i propri conti, come Filippo Il Grande, un altro imprenditore che sul turismo ha investito tempo e denaro. Il suo lido L’Oasi è ripartito lo scorso anno dopo diverse stagioni di stop per via della ristrutturazione del lungomare di Marina del Convento, ma per il 2020 ha deciso: «Non riaprirò - commenta laconico -. Ancora non sappiamo come sistemare gli ombrelloni né come ordinare la sala ristorante. È inaccettabile andare in spiaggia per rilassarsi o per gustare qualcosa e trovarsi davanti una situazione come in ospedale, con mascherine, guanti e disinfettante. Non ci sono le condizioni per poter fare turismo».

 

Conseguenze che ricadranno non solo sugli stabilimenti balneari, ma su tutta la filiera: «Per mandare avanti il ristorante – spiega Il Grande - noi operatori abbiamo bisogno di materie prime che non compreremo o compreremo in misura molto inferiore, quindi sarà tutto l’indotto a risentire di questa situazione. Inoltre ho dei dipendenti che sono quasi di famiglia ma che quest’anno dovrò lasciare a casa».

 

E neppure le soluzioni prospettate sembrano smuovere l’operatore dalla sua posizione: «Alle istituzioni dico solo di guardare con lungimiranza al futuro e di non avere paura: bisogna fare anche scelte coraggiose», conclude Il Grande.