VIDEO | La costa sopravvive ancora con il turismo estivo, ma risalendo nell'entroterra, in appena 10 chilometri avanza il nulla. L'isolamento di Pietrapaola non è l'unico esempio di un territorio abbandonato dallo Stato
Tutti gli articoli di Economia e lavoro
PHOTO
La costa Jonica e la Sila Greca sono divisi da due diaframmi artificiali, l’uno parallelo all’altro: la Statale 106 e la ferrovia ionica. A monte e a valle di questi due “sparti mondo” sembra di vivere in parti del globo diverse e distinte l’una dall’altra. Una particolarità unica. La riviera, calda e dorata, interrotta da scogliere e brevi promontori che delimitano non solo zone geografiche, la Sibaritide dall’alto crotonese e il Marchesato, ma anche tradizioni, dialetti e usanze. Una varietà infinita di identità (al plurale) che da sole potrebbero creare un’economia turistica di grande pregio. Eppure non è così. Perché mancano i servizi.
Tra le tante realtà, in questo piccolo mondo antico tutto calabrese, ce n’è una in particolare: il centro di Pietrapaola. Un borgo posto su un cucuzzolo a 375 metri sul livello del mare nel mezzo di una delle lande più belle della Sila Greca. Ci abitano poco più di 100 anime, arroccate nelle loro case, in un centro storico di origine rupestre. Un posto magico che potrebbe tenere testa, se valorizzato, alla più nobile, civilizzata e conosciuta Matera. Però questo nessuno lo sa. E non solo perché manca del tutto un piano di promozione territoriale ma perché da queste parti i servizi, anche quelli primari, sono pari a zero. Forse anche meno. Tant’è che durante questa ultima estate, in un luogo così bello e caratteristico, attraversato – come tanti altri luoghi di quest’area della Calabria – da miti e leggende, non è arrivato nemmeno un turista. E parliamo del centro storico; perché a dire il vero sulla costa di Pietrapaola, che dista appena 10 km dal borgo, la musica è stata tutt’altra con presenze (nelle dovute proporzioni) da record.
Dieci chilometri che separano il mondo
Cosa cambia in quei 10 km? Dicevamo, il mondo. Ma non solo dal punto di vista paesaggistico quanto dei servizi e della possibilità di accesso all’entroterra. Nei giorni scorsi LaC News24 ha aperto un focus sulla situazione delle strade interne della Sila Greca, prendendo a riferimento le condizioni della provinciale 199 di Pietrapaola. Una strada strettissima, incavallata su decine di ponti bassi e malandati, residuati del secondo dopoguerra, un asfalto logoro e sconnesso, cartellonistica praticamente inesistente ed un triste abbandono. Dal 1 giugno scorso quella strada, già di per se precaria, è interrotta a causa di alcuni lavori su uno dei ponti in pietra che dividono l’entroterra dalla “civiltà”. Lavori fermi perché nel frattempo la ditta appaltatrice è stata raggiunta da un provvedimento giudiziario. Piove sempre sul bagnato!
Il sindaco Nigro fiducioso
Oggi, però, il sindaco di Pietrapaola, Pietro Nigro, laborioso finché possibile in un Comune che conta millecento anime e che gestisce bilanci miserevoli, spera che quei lavori – così come gli ha confermato la Provincia e la Prefettura di Cosenza – possano presto riprendere, concludersi e consentire la riattivazione della circolazione viaria. Ma sarà sempre e comunque emergenza. Perché una toppa messa alla meno peggio prima o poi si strapperà di nuovo. E comunque, una strada che in via generale è priva finanche della manutenzione ordinaria non potrà mai garantire gli accessi che, al contrario, un paesino caratteristico come Pietrapaola merita.
Non è l’unico caso o eccezione. E il che rattrista. La muraglia di Annibale e le grotte pastorali a Pietrapaola sono l’esempio dell’abbandono dello Stato che sta subendo questo territorio insieme agli Elefanti di pietra all’Incavallicata di Campana; alla cinta muraria della Pruija di Terravecchia; alla tomba Bretia di Cariati; al parco archeologico di Castiglione a Paludi; alle miniere aurifere di Longobucco e alle grotte eremitiche di Caloveto. Tutte bellezze uniche che potrebbero rappresentare la leva dell’economia del territorio ionico e che, invece, si stanno perdendo nell’incuria di tutti. In primis delle istituzioni.