Cinquemila persone che rischiano di perdere il posto di lavoro. Una vera e propria emergenza sociale soprattutto per una regione come la Calabria che rischia ogni giorno di più di scollarsi non dal resto del Paese, ma persino dal Mezzogiorno.

Un’emergenza che avrebbe dovuto spingere ad una reazione forte la politica e invece, come denuncia il segretario generale della Cgil, Angelo Sposato, nessuno si è curato del problema se non i sindacati che ieri hanno ottenuto un incontro alla Regione.

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Ma trovare soluzione alle due vertenze non è affatto facile. Soprattutto per quella dei tirocinanti che sono circa 4000. Si tratta per la maggior parte di persone provenienti dalla mobilità in deroga che sono state piazzate, nel lontano 2016, nei Comuni, dove svolgono diverse mansioni. Finora la Regione ha dato copertura finanziaria per coprire i costi di questi lavoratori, ma difficilmente potrà darla anche in futuro. Dal canto loro i Comuni non sono sempre interessati a stabilizzare questi lavoratori. In alcuni casi perché non hanno le capacità finanziarie, in altri perché non sono interessati. Per capire quest’ultimo punto bisogna considerare il profilo di questi lavoratori. Secondo la mappatura fatta dalla Regione di queste 4000 persone solo 300 sono laureate, poco più di mille sono diplomati, tutti gli altri non hanno alcuna qualifica. Profili quindi che interessano poco ai sindaci che hanno piuttosto bisogno di personale qualificato. Se paga qualcun altro, quindi, i Comuni sono pronti a utilizzare questi lavoratori nei ruoli più disparati; se invece debbono essere loro a pagare preferiscono guardare altrove. Una riprova sta nel fatto che nella scorsa manovra di bilancio, il Governo aveva stanziato 5 milioni di euro per stabilizzare alcuni di questi lavoratori, ma sono pochi i Comuni che hanno attinto al fondo.

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Ovviamente serve coinvolgere il Governo per arrivare ad una stabilizzazione minima ovvero un contratto di 18 ore per 18 mesi. Una soluzione che permetterebbe ai lavoratori di maturare diritti che ora non hanno. La “manovra” costerebbe però 60 milioni che la Regione in questo momento non ha. Pensare di andare a Roma e chiedere i soldi per stabilizzare 4000 persone rasenta l’utopia. Qualcuno potrebbe vederci una riedizione dei forestali calabresi.

La proposta dei sindacati, allora, è quella di spacchettare i lavoratori. Chiedere subito la stabilizzazione dei 300 laureati che hanno maggior mercato. Gli altri dovrebbero essere inseriti in progetti per cui la Regione ha già fonti di finanziamento in settori come l’accoglienza, la tutela del territorio, la cura del verde. Questo abbasserebbe notevolmente la richiesta di fondi al Governo. Da qui l’idea di un tavolo presso la Prefettura di Catanzaro per redigere un emendamento al decreto mille proroghe che preveda proprio una ipotesi del genere. Certo c’è però bisogno che ogni attore coinvolto svolga la sua parte: Governo, Regione e Comuni. Vedremo come finirà.

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L’altra vertenza, ovvero quella di Abramo, vede coinvolti 1000 lavoratori ed è ancora più complessa. Primo perché stiamo parlando di un’azienda privata sulla quale la Regione non ha alcuna voce in capitolo. Secondo per le condizioni in cui si trova l’azienda da tempo in amministrazione straordinaria, con i commissari che dovevano rivendere l’azienda. La cosa però ancora non si è verificata e la società si sta depauperando per la continua contrazione di commesse. L’ultima è stata la Telecom. Anche qui tutto è avvenuto nel completo silenzio della politica. Eppure Abramo ha interessi sia su Cosenza che su Catanzaro.

Per fortuna, dopo l’intervento del presidente Occhiuto, è arrivata una proroga di tre mesi, tempo che va assolutamente utilizzato per trovare una soluzione definitiva. I sindacati chiedono alla Regione di farsi promotore di un tavolo presso il Mise che faccia ragionare Telecom e che è pur sempre azienda di interesse nazionale e non può lasciare in mezzo alla strada, dalla sera alla mattina, 1000 persone. Al tavolo dovrebbero partecipare anche i commissari che sono alla guida dell’azienda per spiegare che traiettoria stanno facendo prendere all’Abramo. Ripetiamo: la partita è difficile perché stiamo parlando di soggetti privati. I sindacati però sono determinati e già da oggi annunciano che se non ci sarà il tavolo, andranno loro, insieme ai lavoratori, sotto le finestre del Mise.

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In ballo ci sono quindi 5000 posti di lavoro, nella regione che ha i livelli di occupazione che tutti conosciamo. Una perdita che la Calabria non può assolutamente permettersi. Chi darà forza a questa vertenza?