C’è il quadro attuale, a tinte fosche, ma ci sono anche le prospettive. E sulle prospettive bisogna lavorare. Le vertenze di Calabria tolgono il sonno non soltanto ai diretti interessati, i lavoratori che rischiano di ripiombare nell’incubo della disoccupazione, ma anche a chi li tutela da sempre e a chi assume a sé l’onere istituzionale delle scelte: i sindacati e la Regione. Non sarà un Natale sereno per tutti. E neanche un Capodanno di speranza: le emergenze sociali di queste ore si rincorrono di città in città e sono sin troppo serie per essere prese sottogamba o liquidate come semplici questioni territoriali.

Angelo Sposato, segretario regionale della Cgil, ha il cellulare intasato per ore: gli arrivano chiamate dai lavoratori (e i sindacalisti di categoria) dei call center; dai dipendenti dei Consorzi di bonifica che sperano di rientrare a regime sul versante del pagamento delle spettanze; dai tirocinanti che a migliaia sognano la stabilizzazione; dai lavoratori della centrale a biomasse di Cutro e, per non farsi mancare nulla, anche da qualche amministratore locale e qualche politico di caratura regionale che intende interfacciarsi con il sindacato sui grandi temi prima di apprestarsi ad affrontare i grandi nodi del momento. E il tempo scorre via inesorabile tra interlocuzioni istituzionali e l’esigenza di assumere decisioni dal valore strategico per il futuro della Calabria.

Il concetto chiave, attorno a cui tutto ruota, è semplice nella sua complessità: da soli non se ne esce e continuare a marciare in ordine sparso alimenta errori su errori nell’illusione che i singoli problemi siano scollegati da una logica complessiva che investe direttamente il Governo. «Roma ha abbandonato il Sud. E noi dobbiamo aiutare anche la Regione, che ha lo stesso colore politico, ad averne piena cognizione e ad agire di conseguenza, iniziando cioè a sostenere le nostre battaglie che sono le battaglie della Calabria e dei calabresi», sintetizza Sposato. 

Vertenze di Calabria e unità di crisi

Il punto caldissimo del momento è la vertenza dei lavoratori dell’Abramo Customer Care. Si può partire certamente da qui, visto che dopo la protesta di ieri a Montalto Uffugo oggi è andata in scena la replica di Catanzaro… «Una premessa – introduce il segretario della Cgil –: qui non se ne esce se non si attiva subito, e proprio in queste ore, una Unità di crisi a livello regionale per affrontare insieme le vicende legate alle dismissioni delle società nazionali (quindi alle commesse dell’Abramo Customer Care), ai Consorzi di bonifica, ai tirocinanti, alle Zes, agli investimenti energetici e nel campo infrastrutturale. La situazione è complessa e non tutti ne hanno piena percezione. Restando alla vertenza dei lavoratori dei call center, è necessario tamponare nell’immediato: domani incontreremo il presidente della Regione, in occasione della seduta del Consiglio regionale e spingeremo affinché si faccia pressione sul Governo».

«Il ministro Mantovano – continua – deve imporre a Tim di prorogare la committenza e impedire l’avvio della cassa integrazione da gennaio. Roma non può lavarsene le mani e neanche i livelli regionali, perché da tempo avevamo lanciato l’allarme segnalando che la dismissione di asset strategici nel campo delle telecomunicazioni sarebbe ricaduta esclusivamente sui lavoratori. Siamo stati facili profeti. Una cosa è certa: non arretreremo e non consentiremo che la vicenda si chiuda con la sconfitta dei lavoratori».

Tirocinanti e centrale a biomasse di Cutro

Lavoratori che, però, vivono momenti di momenti di apprensione anche in altri settori. «Sì, ad esempio i tirocinanti. E stiamo parlando di quasi 4000 persone. Avevamo chiesto che domani, in Consiglio, si aprisse una discussione anche su questo. A loro era stata promessa la contrattualizzazione. Ora bisogna mantenere fede agli impegni. Siamo stati a Catanzaro, nei giorni scorsi, per sostenere e rilanciare questa battaglia investendo la politica e la deputazione calabrese del problema: auspichiamo che in aula venga assunta una risoluzione su questa vertenza».

Deputazione calabrese che potrebbe anche intervenire su un’altra questione delicata: il rischio chiusura della centrale a biomasse di Cutro, dopo la decisione del Gestore servizi energetici (Gse) di sospendere l’erogazione degli incentivi pubblici alla centrale in seguito al coinvolgimento della società nell’inchiesta “Black wood”. «Sì, senza dubbio se consideriamo anche che in Calabria si può certamente parlare di “vertenza energia”. Il punto vero, infatti, è proprio questo: il disimpegno dei grandi gruppi industriali a carattere pubblico nel Sud e nella nostra regione in particolare. Non dimentichiamo che Enel ha abbandonato il progetto della nuova centrale a idrogeno a Corigliano Rossano… Parlare di volontà di desertificazione della Calabria da parte del Governo non è affatto azzardato».

Zes e Baker Hughes

E a proposito di Governo: rischia di naufragare anche il progetto delle Zes. Anzi, è già naufragato con il timore da parte degli imprenditori di portare avanti gli investimenti programmati… «Su questo tema non mi pare ci sia una visione strategica proprio perché manca la volontà di coinvolgere, così come proponevamo noi qualche anno fa, i grandi gruppi nazionali. Mi riferisco a Enel, Eni, Leonardo, Invitalia che avrebbero potuto tranquillamente affiancare e sostenere l’economia e l’impresa regionale. Ora, si lascia tutto all’iniziativa privata con tutte le difficoltà del caso». Però c’è la Baker Hughes che, seppur privata, potrebbe innescare processi di traino economico su ben due aree territoriali. Un progetto sul quale, dopo le iniziali resistenze, la Cgil ha aperto al confronto. «La Baker Hughes – spiega ancora Sposato – a Vibo Valentia ha dimostrato di prediligere investimenti sostenibili dal punto di vista ambientale. Ora si tratta di capire, su Corigliano Rossano, quale sia il piano.

A me sembra che ci sia la volontà di assicurare trasparenza piena. E quindi noi intendiamo dare credito al progetto, ma chiaramente chiediamo che la Baker Hughes venga sul territorio, presenti il progetto e tutte le componenti legate allo sviluppo del porto e fornisca rassicurazioni sul piano ambientale. A me sembra che l’investimento sia sostenibile e non intacchi le altre vocazioni del territorio, a partire da pesca e turismo. Mi chiedo, però, per quale motivo sul territorio si manifesti un ostracismo preventivo al progetto senza preoccuparsi dell’esistenza di una concessione per il trattamento di materiale ferroso sulla banchina. Ecco, la Cgil chiederà chiarezza su tutto ciò e mi auguro che anche gli ambientalisti (e mi riferisco a quelli dell’ultima ora) ci affianchino in questo percorso».

Il nuovo futuro dei Consorzi di bonifica

Altra questione spinosa: il nuovo Consorzio di bonifica e la speranza legata alla riforma. «Una riforma necessaria, che andava sostenuta per mettere in linea il settore. Bisognava attivare un percorso riformatore dal punto di vista gestionale. Ora è necessario capire quale può essere la nuova missione, partendo però dalle garanzie occupazionali e dal rispetto dei livelli salariali. Non c’è stata in passato, in alcuni casi, una gestione positiva. Ora dobbiamo avere piani industriali sostenibili, i cui effetti benefici si riverberino sui territori. A noi preme avere una gestione oculata per dare continuità ai diritti. Ci sono ancora troppe mensilità arretrate».

L’interlocuzione istituzionale

Criticità ed emergenze che frenano il rilancio della Calabria. E che richiederebbero azioni coordinate e decise anche a costo di andare controcorrente. Ma è la politica, secondo Sposato, che in questa direzione deve cambiare decisamente passo. «Dopo l’insediamento di Roberto Occhiuto abbiamo aperto la cosiddetta Vertenza Calabria, con la quale chiedevamo di affrontare per risolverli i nodi infrastrutturali, dell’alta velocità, della “106”, del dissesto idrogeologico, della tutela ambientale, della sanità. Eravamo partiti con il piede giusto, ma a un certo punto è stato il Governo nazionale a smontare il percorso. Nei fatti, la regione è stata lasciata a mani nude perché la priorità è risultata essere l’autonomia differenziata. Occhiuto ha sbagliato clamorosamente a dare una apertura di credito in questa direzione, vedendosi ora costretto a fare dietrofront. E questo dimostra che nessuno, da solo, può cambiare lo stato delle cose. Ecco perché continueremo a chiedere l’attivazione di una nuova cabina di regia alla Regione stessa per affrontare i nodi dei soldi buttati sul Ponte invece che nelle Zes e nelle infrastrutture interne o nella sanità che continua a registrare numeri imponenti di emigrazione».

«Non è soltanto colpa del centrodestra, tuttavia – aggiunge Sposato –. Anche la sinistra ha le sue responsabilità quando non mette in campo proposte e azioni alternative e affida l’opposizione all’azione di singoli consiglieri regionali che operano di volta in volta sulle questioni poste in agenda. Quando mi riferisco a una opposizione debole, intendo dire un’opposizione partitica debole di un centrosinistra ancora legato a logiche correntizie e non concentrato su proposte capaci di fare da controcanto a chi oggi governa. È questo il motivo per il quale gli indici economici continuano a inchiodare la Calabria ai bassifondi delle classifiche nazionali ed europee nonostante un certo attivismo del presidente Occhiuto che ha sicuramente un piglio differente rispetto a chi l’ha preceduto. Non sarà lui, da solo, a cambiare lo stato delle cose: la Calabria è una regione molto complicata. Ci sono nodi che si devono risolvere con grande sinergia. Ora è il momento di inaugurare una nuova stagione di riforme che può essere realizzata solo con il contributo di tutti, partendo però da una scelta precisa e imprescindibile: studiare un piano straordinario per il lavoro giovanile e l’occupazione femminile».